martedì, 23 aprile 2024 | 10:47

È valido il licenziamento contenuto nel verbale di conciliazione

Il verbale che attesta l’esito negativo del tentativo di conciliazione può contenere anche la comunicazione formale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (Cassazione - ordinanza 22 aprile 2024 n. 10734, sez. lav.)

Newsletter Inquery

È valido il licenziamento contenuto nel verbale di conciliazione

Il verbale che attesta l’esito negativo del tentativo di conciliazione può contenere anche la comunicazione formale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (Cassazione - ordinanza 22 aprile 2024 n. 10734, sez. lav.)

Seguici:


Il caso

La Corte d'appello di Catania, accogliendo il reclamo proposto da una società datrice di lavoro, ribaltava la sentenza di primo grado che, in accoglimento dell'impugnativa di licenziamento proposta da una dipendente, aveva escluso l'equipollenza tra l'apposita comunicazione scritta del licenziamento e la manifestazione di volontà intervenuta in sede di verbale conclusivo della procedura di conciliazione e, a fronte di un licenziamento ritenuto, quindi, orale, aveva accordato alla lavoratrice piena tutela reintegratoria.
La Corte territoriale, in particolare, giudicava fondato il motivo di reclamo, con il quale la datrice di lavoro censurava le argomentazioni del Tribunale in punto di forma scritta del licenziamento, sul presupposto che l'espressione della volontà di recedere dal rapporto, contenuta in un verbale scritto e firmato da entrambe le parti, soddisfacesse le funzioni connesse al requisito di forma prescritto.
Avverso tale decisione, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, la violazione degli artt. 2 e 7, co. 6, L. n. 604/1966 e violazione o falsa applicazione dell’art. 1, co. 40, L. n. 92 del 2012, per omessa comunicazione recesso all'esito negativo della procedura conciliativa prodromica al licenziamento. La dipendente ha dedotto, inoltre, il vizio di motivazione della sentenza là dove giudicava il verbale di esito negativo della procedura conciliativa quale comunicazione di licenziamento nel rispetto dell'onere formale.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo condivisibili le conclusioni dei giudici di merito secondo cui, nel caso in esame, il requisito della forma doveva ritenersi rispettato atteso che in una sede istituzionale, alla presenza dei propri rappresentanti, oltre che di un soggetto terzo (il presidente della commissione), nell'ambito di un verbale sottoscritto da entrambe le parti, il datore di lavoro, a seguito dell'esito negativo della procedura conciliativa, aveva formalizzato la propria volontà di recesso unilaterale dal rapporto, di cui la lavoratrice era stata pienamente consapevole.
Il Collegio ha, inoltre, precisato che il dettato normativo del terzo periodo dell'art. 7, co. 6, L. n. 604/1966 ("Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore") delinea una condizione legale (sospensiva) ed un termine (dilatorio); pertanto, una volta avveratasi la prima o scaduto il secondo, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
I giudici di legittimità, soffermandosi sulla portata da attribuire alla condizione legale: "Se fallisce il tentativo di conciliazione", hanno affermato che già il dato letterale depone nel senso che il legislatore abbia attribuito rilievo al fatto obiettivo del fallimento del tentativo di conciliazione piuttosto che al dato cronologico e formale della chiusura del verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione.
Invero, tale verbale può senz'altro attestare l'esito del tentativo di conciliazione e il suo fallimento, ma appunto per questo documenta un dato logicamente e giuridicamente distinto ed anteriore al momento della chiusura della relativa verbalizzazione.
Inoltre, sempre il tenore testuale della disposizione non impone che la comunicazione del licenziamento, consentita ai datore di lavoro "Se fallisce il tentativo di conciliazione", debba intervenire in un contesto differente e successivo a quello del verbale suddetto.
Ad avviso della Cassazione, d'altronde, non vi sarebbe alcuna esigenza di tutela degli interessi del lavoratore che potrebbe plausibilmente giustificare l'assunto che la comunicazione del licenziamento al lavoratore debba necessariamente intervenire in un contesto distinto dal verbale redatto in sede d'incontro davanti alla commissione apposita, a patto che per la comunicazione del licenziamento già espressa in quella sede siano osservate le ulteriori prescrizioni in tema di licenziamento, a cominciare da quella della forma scritta ex art 2, co. 1, L. n. 604/1966.
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di merito aveva accertato in punto di fatto che la volontà datoriale di licenziamento era stata ribadita innanzi alla commissione apposita e compiutamente verbalizzata dopo che il tentativo di conciliazione era stato già espletato con insuccesso.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa

  • Cassazione - ordinanza 22 aprile 2024 n. 10734, sez. lav.

Seguici: