venerdì, 22 settembre 2023 | 16:37

Competenza territoriale nelle controversie di lavoro: sulla nozione di dipendenza

Ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore" non coincide con quella di unità produttiva contenuta in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro (avente carattere strumentale) nel luogo della prestazione lavorativa, alla condizione che l'imprenditore disponga almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (Corte Cassazione, ordinanza 7 settembre 2023, n. 26080).

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Competenza territoriale nelle controversie di lavoro: sulla nozione di dipendenza

Ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore" non coincide con quella di unità produttiva contenuta in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro (avente carattere strumentale) nel luogo della prestazione lavorativa, alla condizione che l'imprenditore disponga almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (Corte Cassazione, ordinanza 7 settembre 2023, n. 26080).

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Nella specie, un lavoratore ricorreva in primo grado per l'accertamento del diritto al pagamento di differenze retributive derivanti da indebite trattenute effettuate dal datore di lavoro, deducendo che la società aveva gestito in appalto il servizio di consegna merci ai clienti della società committente. Il lavoratore medesimo esponeva che, nello svolgimento della sua attività lavorativa di autista, prendeva quotidianamente istruzioni, per la consegna delle merci, dal personale della società committente insediato, ove, tutti i giorni, si recava per caricare il furgone.

Ha quindi argomentato che la filiale, base logistica locale, rappresentava l’unico riferimento spaziale per l'inizio e il termine dell'attività lavorativa, idoneo ad integrare la nozione di "dipendenza" aziendale e così a radicare il relativo foro territoriale ex art. 413 cod.proc.civ. La società resistente ha eccepito l’incompetenza territoriale.

In Cassazione , la Corte ha ricorda, in primo luogo, che, ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di "dipendenza alla quale è addetto il lavoratore", di cui al cit. art. 413 cod. proc. civ., nella più recente giurisprudenza di legittimità, non coincide con quella di unità produttiva contenuta in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro (avente carattere strumentale) nel luogo della prestazione lavorativa, alla condizione che l'imprenditore disponga ivi almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa.

La Suprema Corte ha affermato che la dipendenza dell'azienda, ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente in ordine alle controversie di lavoro ai sensi dell'art. 413 cod. proc. civ., può essere ravvisata anche in un cantiere stradale della società datrice di lavoro, in cui siano addetti lavoratori e nel quale esistano beni destinati a rendere possibile l'espletamento dell'attività appaltata e quindi il conseguimento dei fini imprenditoriali.

Ancora di recente si è quindi sottolineato che è necessario tanto avere riguardo alla esigenza di favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo della prestazione lavorativa, da un punto di vista processuale, quanto valutare la prestazione lavorativa effettivamente espletata, da un punto di vista sostanziale, atteso che la ratio dell'art. 413 cod.proc.civ. “è quella di rendere più funzionale e celere il processo, radicandolo nei luoghi normalmente più vicini alla residenza del dipendente, nei quali sono più agevolmente reperibili gli elementi probatori necessari al giudizio”.

Con specifico riguardo alla prestazione di lavoro nell’ambito di un appalto, può ritenersi  conforme alla ratio dell’art. 413 cod.proc.civ. l’individuazione del foro speciale della dipendenza aziendale anche nella dipendenza, seppur di proprietà della società committente, ove il lavoratore ha, in via esclusiva, svolto la prestazione di lavoro, trattandosi di luogo destinato a rendere possibile l'espletamento dell'attività appaltata e quindi il conseguimento dei fini imprenditoriali perseguiti dal datore di lavoro-appaltatore. Questa statuizione si pone, inoltre, in coerenza con le pronunce che, nel diverso caso di chiamata in giudizio sia della società appaltatrice sia della società committente (in applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 che richiedeva, nella prima versione, il litisconsorzio necessario tra le due società) hanno rinvenuto un particolare nesso di connessione tra le cause ed hanno ritenuto correttamente individuato il giudice territorialmente competente (anche) in relazione alla dipendenza della società committente ove il lavoratore aveva prestato attività lavorativa.


Ebbene, nella specie, il ricorrente svolgeva l'attività lavorativa per l'azienda in un ambito territoriale lontano dalla sede del suo datore di lavoro, prendendo servizio presso una filiale della società committente, dove tornava una volta ultimata la sua prestazione lavorativa per effettuare il carico delle merci, il cui trasporto costituiva oggetto dell’appalto e, dunque, della prestazione lavorativa. La filiale costituiva quindi il luogo, posto sotto il controllo dell'impresa committente, dove erano collocati i beni aziendali strumentali alla realizzazione del contratto di appalto; esso costituiva il luogo dove prendevano inizio e terminavano le mansioni svolte quotidianamente dal lavoratore (adibito alla esecuzione dell’appalto) per conseguimento dei fini imprenditoriali. Considerata, poi, la collocazione logistica in funzione strumentale al carico delle merci, può ravvisarsi in tale articolazione una struttura organizzativa di ordine economico funzionale, facente capo al potere organizzativo e gestionale del committente.

Ne consegue che è ravvisabile quella condizione minima, ma sufficiente a tal fine, consistente nel fatto che sia stato l'imprenditore (datore di lavoro della società appaltatrice) a configurare tale assetto, quale modalità di organizzazione del lavoro ed esecuzione dell’appalto, e che nella filiale il committente abbia collocato un nucleo di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, cioè destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali perseguite dalla società appaltatrice nonché dal committente.

Il Collegio ritiene applicabili i principi di diritto innanzi richiamati al caso di specie, posto che il ricorrente ha domandato la condanna solidale della società committente per il pagamento delle differenze retributive rivendicate: è ipotizzabile, alla stregua delle allegazioni del ricorrente ed ai soli effetti della competenza territoriale, la prospettata fattispecie di cui al d.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2 - a prescindere dalla fondatezza o meno della domanda nel merito -, che radica la competenza presso il Tribunale nel cui circondario è il comune della filiale, quale foro della causa avviata nei confronti della società evocata in giudizio quale responsabile in solido.

di Francesca Esposito

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