lunedì, 20 novembre 2023 | 16:37

Cassazione: il reddito in base al redditometro

In materia di redditometro, è consentito al contribuente dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Cassazione - Ordinanza 15 novembre 2023, n. 31844, sez. trib.)

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Cassazione: il reddito in base al redditometro

In materia di redditometro, è consentito al contribuente dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Cassazione - Ordinanza 15 novembre 2023, n. 31844, sez. trib.)

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Nel caso di specie, l'Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione avverso la sentenza con cui la C.t.r. ha accolto parzialmente l'appello proposto dal contribuente avverso la sentenza della C.t.p. - che, invece, aveva rigettato il ricorso avverso l'avviso di accertamento con il quale era stata accertato, in via sintetica, un maggior reddito ai fini Irpef - ed ha rideterminato il reddito in misura inferiore.

Con il primo motivo l'Agenzia delle entrate denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente e contrasto tra motivazione e dispositivo. Osserva l'Ufficio che il reddito ricostruito con l'avviso di accertamento era pari ad euro 102.358,00, di cui euro 80.460,00 derivanti dal possesso di beni mobili registrati; che il giudice di secondo grado aveva ritenuto di ridurre detto ultimo importo ad euro 30.000,00; che, anche ad accedere a detta ricostruzione, la C.t.r. avrebbe, di conseguenza, dovuto accertare per differenza un reddito di euro 51.898,00; che, invece, inspiegabilmente, nel dispositivo aveva indicato la diversa somma di euro 48.023,76.

Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rideterminato nella minor somma euro 30.000,00 il reddito accertato con riferimento ai beni mobili registrati ed ha affermato che il possesso dei beni mobili registrati è indice di capacità contributiva ma che i coefficienti di cui al d.m. andavano ridotti in considerazione della diversa situazione in esame.

Assume l'Agenzia delle entrate che, in presenza di uno o più beni o servizi compresi nelle specifiche tabelle, l'attività dell'Ufficio è vincolata all'applicazione degli indici e dei coefficienti moltiplicatori previsti nei decreti ministeriali attuativi; che si è in presenza di una presunzione legale relativa; che, una volta accertata l'esistenza di tali elementi e circostanze, spetta al contribuente fornire la prova dell'inesistenza della capacità reddituale. Aggiunge che il Giudice, poiché il possesso di determinati beni è considerato ex lege correlato ad una determinata capacità contributiva, non può modificarne la capacità presuntiva e che il reddito ottenuto tramite redditometro non è espressione della sola spesa di mantenimento dei beni, ma si ricollega al reddito complessivo. Deduce, per l'effetto, che la C.t.r., errando, ha privato di efficacia probatoria il calcolo del reddito come determinato in base al redditometro, anziché valutare la prova contraria offerta dal contribuente in ordine alla provenienza non reddituale e, quindi, non imponibile, della somma necessaria per mantenere il possesso dei beni o perché già sottoposta ad imposta o perché esente.

Per la Suprema Corte il primo motivo è fondato, chiarendo che l’errore di calcolo può essere denunciato con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, lamentandosi in tale evenienza error in iudicando nell’individuazione di parametri e criteri di conteggio; viceversa, solo ove consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione e ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati, è emendabile con la procedura di correzione ex art. art. 287 cod. proc. civ.

Dalla sentenza impugnata non si evincono presupposti numerici certi in ragione dei quali ritenere che la C.t.r. abbia commesso semplicemente un errore di calcolo. Piuttosto, non è in alcun modo evincibile il ragionamento che, sulla scorta di quanto ritenuto in motivazione, ha portato alla determinazione del reddito di cui al dispositivo. Si, è pertanto, in presenza dell'error in iudicando contestato con il motivo di ricorso.

Anche il secondo motivo è fondato.

La disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa. Conseguentemente, l'accertamento non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Va ribadito, pertanto, che la prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore.

Sotto tale profilo, va disatteso l'assunto dell'Ufficio secondo cui il contribuente poteva vincere la prova presuntiva solo provando che i redditi ricostruiti dall'Ufficio sono redditi esenti o soggetti a ritenuta.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha chiarito che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente.

Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa.

La C.t.r. non si è attenuta a detti principi.

Infatti, anziché esaminare e valutare quanto eventualmente allegato e provato dal contribuente per giustificare gli indici di spesa rilevati con l'accertamento sintetico dall'Agenzia, ha ridotto i coefficienti di cui al d.m., rideterminando il reddito sinteticamente accertato, adducendo che detti ultimi avevano ragion d'essere in una situazione «normale» di mezzi effettivamente utilizzati, non ravvisabile nella fattispecie in ragione del numero e della vetustà dei veicoli. Così facendo, la C.t.r. ha deviato l'attenzione da quello che avrebbe dovuto essere l'oggetto del proprio giudizio critico, ossia dalle prove contrarie eventualmente allegate dal contribuente per confutare l'addebito del maggior reddito ricostruito dall'Amministrazione. La C.t.r. aveva certamente il potere di valutare la prova contraria fornita dal contribuente, ma non quello di rideterminare autonomamente, in tutto o in parte, il valore probatorio/induttivo degli indici di capacità contributiva normativamente stabiliti.

Ne consegue, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso.

di Anna Russo

Fonte normativa

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