martedì, 21 novembre 2023 | 11:04

Licenziamento per ragioni di handicap

Illegittimo il licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione del dipendente divenuto disabile; il datore di lavoro deve cercare accomodamenti ragionevoli idonei a consentirgli di svolgere l’attività lavorativa (Cassazione - sentenza 13 novembre 2023 n. 31471, sez. lav.).

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Licenziamento per ragioni di handicap

Illegittimo il licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione del dipendente divenuto disabile; il datore di lavoro deve cercare accomodamenti ragionevoli idonei a consentirgli di svolgere l’attività lavorativa (Cassazione - sentenza 13 novembre 2023 n. 31471, sez. lav.).

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Un lavoratore con mansioni di collaudatore di prodotti in ceramica impugnava il licenziamento intimato dalla srl datrice di lavoro per sopraggiunta inidoneità alla mansione, deducendo di essere ancora idoneo, sia pure con alcune limitazioni.
Il Tribunale annullava il licenziamento e ordinava la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, sul presupposto che il datore di lavoro avrebbe dovuto dapprima proporre ricorso al superiore organo amministrativo avverso il giudizio del medico competente, non potendo direttamente licenziare il dipendente e che la ridotta capacità lavorativa derivante dalle prescrizioni dettate dal medico competente non poteva determinare il licenziamento, atteso l'obbligo datoriale di dare attuazione alle predette prescrizioni anche a discapito della sua convenienza economica.
La decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello che evidenziava che, nel caso di specie, le misure che la società avrebbe dovuto adottare per consentire al dipendente di continuare a svolgere le sue mansioni - effettuazione di pause rispetto a quelle ordinarie di ulteriori 15 minuti dopo ogni due ore continuative di lavoro e adozione di mascherina respiratoria per le operazioni che comportassero maggiore dispersione di polveri - erano oggettivamente "accomodamenti ragionevoli", poiché non comportavano modifiche dei luoghi produttivi, né mutamenti organizzativi, né costi aggiuntivi.


La Suprema Corte, rigettando il ricorso proposto dalla società datrice di lavoro, ha ritenuto condivisibili le conclusioni raggiunte dai giudici di merito ed ha, altresì, rilevato che, quand’anche la conservazione del rapporto di lavoro comporti costi aggiuntivi in considerazione della ridotta produttività del lavoratore (dovuta a ragioni di salute), nondimeno questo non sarebbe di per sé sufficiente ad escludere l'esistenza di "accomodamenti ragionevoli" (che in astratto possono consistere anche nell’adibizione del lavoratore a diverse mansioni, pure inferiori), i quali vengono meno solo laddove comportino un sacrificio economico sproporzionato del datore di lavoro.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa

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