giovedì, 11 luglio 2024 | 10:36

Reverse charge non applicabile alle cessioni d’oro di “immediato consumo”

Il regime di inversione contabile postula che l’oro ceduto sia destinato non all'immediato consumo, ma alla sua trasformazione in un altro oggetto e che avvii un nuovo ciclo economico (Cassazione - ordinanza 04 luglio 2024 n. 18340, sez. trib.)

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Reverse charge non applicabile alle cessioni d’oro di “immediato consumo”

Il regime di inversione contabile postula che l’oro ceduto sia destinato non all'immediato consumo, ma alla sua trasformazione in un altro oggetto e che avvii un nuovo ciclo economico (Cassazione - ordinanza 04 luglio 2024 n. 18340, sez. trib.)


Ai sensi dell’art. 17, co. 5, DPR n. 633/1972, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'art. 10, n. 11) del medesimo decreto IVA, nonché per le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta e con l'annotazione “inversione contabile” e l'eventuale indicazione della norma di cui all’art. 17, co. 5, DPR n. 633/1972, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro delle fatture e dei corrispettivi entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese.

Tale disposizione è conforme e attua le correlate previsioni del diritto dell'UE ed in particolare dell'art. 198, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE, secondo cui quando una cessione di materiale d'oro o di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi o una cessione di oro da investimento è effettuata da un soggetto passivo, gli Stati membri possono designare l'acquirente come debitore dell'imposta.

Tenendo conto delle norme citate, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che, ai fini dell'applicazione del regime d'inversione contabile, la questione fondamentale non sta tanto nel fatto che il bene ceduto sia un prodotto semilavorato, quanto piuttosto che si tratti di un prodotto d'oro, rilevando il suo tenore, con la duplice conseguenza che:

- è il livello di purezza dell'oro contenuto nel bene ad essere decisivo per determinare se una cessione di materiale d'oro o di prodotti semilavorati rientri o no nell'ambito di applicazione dell'art. 198, paragrafo 2, della direttiva IVA;

- per l'applicazione dell'art. 17, co. 5, DPR n. 633/1972, è necessario e sufficiente che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo e che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma medesima.


Ai fini del reverse charge, non conta, dunque, che l'attività di trasformazione del materiale d'oro o del semilavorato sia eseguita direttamente dal cessionario dell'operazione, costituendo requisiti fondamentali per la sua applicazione sia la purezza del prodotto d'oro, quale condizione prioritaria emergente, con tutta evidenza, dalla nozione di materiale d'oro e di prodotto semilavorato, che si presta di per sé ad escludere dal proprio ambito i prodotti finiti e i prodotti che non siano mai stati oggetto di lavorazione o di trasformazione, sia la non immediata destinazione al consumo del bene ceduto, in quanto deputato ad essere trasformato in un altro oggetto ed a conoscere un nuovo ciclo economico.

Tale interpretazione è coerente con l'obiettivo di prevenire frodi fiscali, perseguito dal legislatore unionale con il regime in esame. Infatti, ciò che aumenta il rischio di frodi fiscali e giustifica, pertanto, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile per la cessione di determinati beni, fra cui l'oro, è l'elevato valore di mercato degli stessi rispetto alle dimensioni, che li rendono facilmente trasportabili; inoltre, nel commercio dell'oro, quando non si tratta di un prodotto finito, come un gioiello, è il tenore d'oro del bene in questione a determinare il valore, con la conseguenza che il rischio di frodi fiscali è tanto maggiore quanto più elevato è il tenore d'oro del bene; sicché limitare l'applicazione del regime derogatorio ai soli casi in cui il bene viene trasformato dal cessionario, benché rispondente alle caratteristiche richieste, vanificherebbe la finalità con esso perseguita.

Alla stregua di quanto detto, deve dunque ritenersi che il regime dell'inversione contabile di cui all'art. 17, co. 5 del decreto IVA, allorché prevede che le cessioni abbiano ad oggetto oro da investimento oppure materiale d'oro oppure prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, postula che il metallo ceduto si caratterizzi per il suo tenore e sia destinato non all'immediato consumo, ma alla sua trasformazione in un altro oggetto che avvii un nuovo ciclo economico, senza che assuma rilevanza il fatto che il cessionario debba egli stesso occuparsi direttamente del processo intermedio di lavorazione, stante la funzione di detto regime di snellire il processo di riscossione al fine di prevenire le condotte di evasione per quei beni e quelle prestazioni che, per le loro caratteristiche, sono a rischio frodi.

di Patrizio Petricelli

Fonte Normativa

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