lunedì, 22 luglio 2024 | 13:39

Società ed enti commerciali residenti in altri stati dell'UE: base imponibile dei redditi di capitale

La base imponibile dell'imposizione diretta applicata sugli interessi riconosciuti a fronte di finanziamenti erogati da società ed enti commerciali residenti in altri Stati membri è determinata scomputando dagli interessi attivi gli oneri, che abbiano un nesso diretto con gli stessi finanziamenti, sostenuti dai percipienti (AIDC - norma di comportamento 18 luglio 2024 n. 225)

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Società ed enti commerciali residenti in altri stati dell'UE: base imponibile dei redditi di capitale

La base imponibile dell'imposizione diretta applicata sugli interessi riconosciuti a fronte di finanziamenti erogati da società ed enti commerciali residenti in altri Stati membri è determinata scomputando dagli interessi attivi gli oneri, che abbiano un nesso diretto con gli stessi finanziamenti, sostenuti dai percipienti (AIDC - norma di comportamento 18 luglio 2024 n. 225)

I redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti, compresi quelli realizzati nell'esercizio di attività commerciale non riferibili ad una stabile organizzazione in Italia, sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (art. 26,  co. 5, DPR 600/1973).

Nella prospettiva dell'ordinamento dell'Unione, l'applicazione agli interessi percepiti dai non residenti di una ritenuta alla fonte costituisce una potenziale restrizione alla libera prestazione di servizi che tuttavia può essere giustificata da motivi imperativi d'interesse generale quali, ad esempio, la necessità di garantire l'efficacia della riscossione dell'imposta. In particolare, deve ritenersi compatibile con l' art. 56 , TFUE una normativa nazionale in forza della quale una procedura di ritenuta alla fonte dell'imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti nello Stato membro nel quale sono forniti i servizi, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti di conto Stato membro non è soggetta ad una siffatta ritenuta alla fonte, a condizione che l'applicazione agli istituti di credito non residenti della ritenuta alla fonte sia giustificata da motivi imperativi d'interesse generale e non ecceda quanto necessario per la consegna l' obiettivo perseguito.

L'applicazione del principio di proporzionalità implica che, anche nel caso della tassazione degli interessi, deve essere rispettato il principio di libera prestazione di servizi secondo cui, relativamente alla considerazione delle spese professionali direttamente connesse all'attività esercitata, i prestatori residenti e quelli non residenti sono posti in una situazione analoga. Quindi, per evitare che l'applicazione della ritenuta agli interessi percepiti dai soggetti non residenti produca un effetto discriminatorio rispetto ai percettori residenti, circostanza che comporterebbe un'evidente restrizione alla libera prestazione di servizi, è necessario che sia consentita anche ai primi di dedurre le spese professionali direttamente connesse alla produzione degli interessi stessi. Nè, d'altra parte sarebbe legittimo differenziare rispetto alle altre categorie di prestazioni di servizi il trattamento riservato ai finanziamenti sul presupposto che sarebbe impossibile stabilire un nesso caratteristico tra i costi sopportati e redditi da interessi percepiti. Ne consegue il diritto dei percettori non residenti, naturalmente subordinato al corretto assolvimento degli ordinari oneri probatori sia in ordine all'effettività sia in ordine all'inerenza, di invocare la deduzione non solo di quelle spese professionali per le quali è relativamente facile stabilire il nesso diretto con il finanziamento (ie spese di viaggio, di alloggio o di consulenza legale e tributaria ecc.), ma anche quelle per le quali può risultare più difficile stabilire una stretta relazione con un determinato prestito finanziario (ie oneri finanziari sostenuti dal mutuante per procurarsi la provvista), non potendo escludersi a priori che un non residente sia in grado di produrre validi documenti probatori che consentono alle autorità tributarie dello Stato membro d'imposizione di verificare, in modo chiaro e preciso, la reale esistenza e la natura delle spese professionali delle quali si richiede la deduzione. In assenza di specifiche scritture contabili, è quindi responsabilità del mutuante non residente dimostrare analiticamente il costo sostenuto per la provvista, ad esempio attraverso l'esibizione di idonea documentazione contrattuale e delle prove degli oneri pagati. Tuttavia, tra le spese necessarie all'esercizio dell'attività di finanziamento, è stata ricompresa la quota delle spese generali dell'istituto di credito idonea ad essere considerata necessaria alla concessione di un determinato prestito finanziario. Per altro, potrebbe accadere, al di fuori di situazioni patologiche, che il mutuante sostenga,a sua volta, interessi passivi per garantirsi i mezzi per erogare il finanziamento, senza che questo comprometta il riconoscimento della sua condizione di beneficiario effettivo. Si pensa a un gruppo multinazionale che decide di accentrare tutti i servizi di tesoreria e finanziamento in un'unica società, che in questo modo potrebbe garantirne una gestione più razionale ed efficiente sotto il profilo economico, ad esempio nella gestione di rapporti di cash pooling o nella Negoziazione delle condizioni contrattuali con gli istituti di credito., In questo caso, l'applicazione del principio di libera prestazione di servizi, comporterebbe che l'obbligo tributaria della finanziaria captive deve essere calcolata sugli interessi al netto della quota di spese generali e di oneri finanziari, correttamente documentati, riferibili ai redditi di capitale prodotti in Italia, di conseguenza il percipiente non residente avrebbe diritto al rimborso dell'eccedenza corrisposta sotto forma di ritenute applicate dal sostituto d'imposta.

Sotto un altro profilo, non è possibile giustificare l'applicazione della ritenuta al lordo delle spese professionali perché ai non residenti viene applicato un tasso d'imposta più favorevole di quello applicato ai residenti. Infatti, un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell'Unione per l'esistenza di altri vantaggi, anche supponendo che tali vantaggi esistano.

Il diritto alla deduzione da parte del percettore non residente, esercitato attraverso la richiesta di parziale rimborso all'Amministrazione finanziaria delle ritenute subite sull'importo lordo degli interessi, trova applicazione anche nell'ipotesi di inapplicabilità dell'esenzione prevista dalla direttiva 2003/49 , al di fuori dei casi di accertamento dell'esistenza di una frode o di un abuso ai sensi dell'articolo 5 della direttiva stessa. Una pratica applicazione del principio, che sicuramente esula da qualsiasi ipotesi di abuso della direttiva è quella prevista dal comma quinto dell'art . 26 quater del DPR 600/1973 che nega l'esenzione nel caso in cui il saggio di interesse fissato superi la misura che sarebbe stata pattuita tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito ( 110 comma 7 del TUIR ).

Il diniego al rimborso, espresso o tacito, potrà essere impugnato fornendo gli adeguati elementi di prova e gli argomenti di diritto come previsti dal comma 5-bis dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992.

di Daniela Nannola

Fonte Normativa