martedì, 23 luglio 2024 | 12:01

Jobs Act: reintegra in caso di licenziamento per gmo basato su fatto insussistente

Dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, co. 2, DLgs 4 marzo 2015, n. 23 nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore (Corte costituzionale - sentenza 16 luglio 2024 n. 128)

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Jobs Act: reintegra in caso di licenziamento per gmo basato su fatto insussistente

Dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, co. 2, DLgs 4 marzo 2015, n. 23 nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore (Corte costituzionale - sentenza 16 luglio 2024 n. 128)

La Sezione Lavoro del Tribunale di Ravenna aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento alla disciplina dettata dal DLgs 4 marzo 2015 n. 23 per il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo nella parte in cui esclude la reintegrazione nel posto di lavoro e le conseguenze risarcitorie previste in tema di licenziamento disciplinare, nell'ipotesi in cui il giudice accerti l'insussistenza del fatto.
La Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le questioni sollevate con riguardo ai parametri degli artt. 3, 4, e 35, Cost., rilevando che, sebbene la ragione d'impresa posta a fondamento del giustificato motivo oggettivo di licenziamento non sia sindacabile, rientrando nelle valutazioni economiche che spettano al datore di lavoro, l'esclusione di tale sindacato presuppone che il fatto materiale allegato dal datore di lavoro sia "sussistente".

Dunque, la radicale irrilevanza dell'insussistenza del fatto materiale nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determina un difetto di sistematicità che ridonda in una irragionevolezza della differenziazione rispetto alla parallela ipotesi del licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo. Se il fatto materiale, allegato dal datore di lavoro a fondamento del licenziamento non sussiste, è violato il principio della necessaria causalità del recesso datoriale. Il licenziamento regredisce a recesso senza causa, quale che sia la qualificazione che il datore di lavoro dia al fatto insussistente, vuoi contestandolo al lavoratore come condotta inadempiente che in realtà non c'è stata, vuoi indicandolo come ragione di impresa che in realtà non sussiste.
La Consulta ha, altresì, evidenziato che la discrezionalità del legislatore nell'individuare le conseguenze dell’illegittimità del licenziamento - se la tutela reintegratoria o quella solo indennitaria - non può estendersi fino a consentire di rimettere questa alternativa ad una scelta del datore di lavoro che, intimando un licenziamento fondato su un fatto insussistente", lo qualifichi, come licenziamento per giustificato motivo oggettivo piuttosto che come licenziamento disciplinare. La conseguenza, in termini di garanzia per il lavoratore illegittimamente licenziato, non può che essere la stessa: la tutela reintegratoria attenuata prevista per l'ipotesi del licenziamento che si fondi su un fatto materiale insussistente, qualificato dal datore di lavoro come rilevante sul piano disciplinare.
La Corte ha, infine, precisato che il vizio di illegittimità costituzionale non si riproduce nel caso in cui il fatto materiale, allegato come ragione d'impresa, sussiste ma non giustifica il licenziamento perchè risulta che il lavoratore potrebbe essere utilmente ricollocato in azienda. In tale ipotesi, difatti, si fuoriesce dall'area della tutela reintegratoria attenuata del comma 2 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2015, in quanto il licenziamento è comunque fondato su un fatto sussistente, ancorchè il recesso datoriale sia poi illegittimo sotto un profilo diverso (quello della verificata ricollocabilità del lavoratore). Ne consegue che la declaratoria di incostituzionalità della disposizione censurata deve tener fuori dalla sua portata applicativa la possibilità di ricollocamento del lavoratore licenziato per ragioni di impresa, non diversamente dal licenziamento disciplinare fondato su un fatto insussistente, che esclude il rilievo, a tal fine, della valutazione di proporzionalità del licenziamento alla colpa del lavoratore. La violazione dell'obbligo di repêchage, difatti, attiva la tutela indennitaria di cui al comma 1 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2015.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa