venerdì, 27 settembre 2024 | 12:12

Società di comodo: escluso il diritto alla detrazione dell'IVA

La mancata produzione di ricavi costituisce elemento idoneo e sufficiente a escludere la soggettività IVA in capo al contribuente (Cassazione - ordinanza 11 settembre 2024 n. 24442, sez. trib.)

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Società di comodo: escluso il diritto alla detrazione dell'IVA

La mancata produzione di ricavi costituisce elemento idoneo e sufficiente a escludere la soggettività IVA in capo al contribuente (Cassazione - ordinanza 11 settembre 2024 n. 24442, sez. trib.)


Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate ha negato l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA ad una società considerata non operativa (c.d. “società di comodo”) a fronte delle perdite sistematiche e del mancato superamento dei parametri previsti dalla L. n. 724 del 1994.

Contro il diniego del rimborso, la contribuente adiva alla CTP, la quale respingeva il ricorso. La CTR, a sua volta, confermava la decisione di primo grado poiché la medesima società non aveva prodotto ricavi; quindi, la contribuente, secondo il giudice dell'appello, è ricaduta nello stato di non operatività ex art. 30 L. 724 del 1994 sulle c.d. "società di comodo".

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, la nullità della sentenza e violazione dell'art. 1, co. 2, DLgs 546/1992 e dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, c. 1, n. 4, c.p.c.; invero nel caso di specie - secondo la ricorrente - la sentenza di appello si limita ad operare un rinvio motivazionale alla sentenza di prime cure che non consente di ritenere espresso l'iter logico - giuridico che l'ha condotta a decisione, anche in quanto facendo applicazione della ridetta disciplina in tema di c.d. "società di comodo" il principio di neutralità ed il conseguente diritto di detrazione sarebbero totalmente violati ed in concreto vanificati e svuotati, così come gli ulteriori principi di effettività e proporzionalità. Detto motivo si rivela fondato.

Sul punto, la Corte ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto: "In materia di società non operative, alla stregua della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE, sent. 7 marzo 2024 in causa C-341/22), l'art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE, va interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d'imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, che corrisponda ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone, in quanto nessuna disposizione della direttiva subordina il diritto a detrazione al requisito che l'importo delle operazioni rilevanti ai fini dell'IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Pertanto, ciò che rileva ai sensi dell'art. 30, L n. 724 del 1994 è esclusivamente il fatto che detto soggetto, in un determinato periodo d'imposta, abbia esercitato effettivamente un'attività economica, ponendosi detta disposizione in contrasto con l'art. 167 della direttiva IVA nella parte in cui, invece, prevede la perdita del diritto a detrazione al mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi".

Secondo costante giurisprudenza, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall'IVA di cui sono debitori l'IVA dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell'IVA. Tale diritto, in presenza di tutte le condizioni previste, costituisce, quindi, parte integrante del meccanismo dell'IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni a meno che non sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso sia stato invocato in un contesto di frode o evasione.


In proposito è da evidenziare che, sebbene gli Stati membri, ai sensi dell'art. 273 della direttiva IVA, possano adottare misure di contrasto per assicurare l'esatta riscossione dell'IVA, tali misure non devono eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi e non possono essere utilizzate in maniera tale da mettere in discussione il diritto alla detrazione dell'IVA. Nel caso di specie, la Corte dell'Unione ha ritenuto che il criterio della soglia dei ricavi, individuato dall'art. 30 in argomento, non si basi su una valutazione della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini dell'IVA effettuate nel corso di un determinato periodo d'imposta, ma solo sulla valutazione del loro volume. Tale criterio, quindi, non appare idoneo a dimostrare che il diritto alla detrazione dell'IVA sia stato invocato in modo fraudolento o abusivo.

Ebbene nel presente caso proprio con riferimento alla mancata produzione di ricavi la sentenza di merito ha ritenuto tale elemento idoneo e sufficiente a escludere la soggettività iva in capo alla contribuente; così argomentando la sentenza impugnata risulta non conforme ai principi Unionali sopra riportati e va pertanto cassata.

di Ilia Sorvillo

Fonte normativa