martedì, 08 ottobre 2024 | 10:42

Dal Fisco chiarimenti sull'aliquota IVA cessioni di fauna selvatica

Chiarimenti su quale sia l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di fauna selvatica effettuate nei confronti delle imprese agricole che svolgono attività connesse di tipo faunistico-venatorio (AdE - risposta 08 ottobre 2024 n. 6)

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Dal Fisco chiarimenti sull'aliquota IVA cessioni di fauna selvatica

Chiarimenti su quale sia l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di fauna selvatica effettuate nei confronti delle imprese agricole che svolgono attività connesse di tipo faunistico-venatorio (AdE - risposta 08 ottobre 2024 n. 6)

Le cessioni che hanno per oggetto conigli domestici, piccioni, lepri, pernici, fagiani, rane e, in generale, «animali vivi» beneficiano dell'aliquota IVA agevolata al 10% a condizione che tali animali siano «destinati all'alimentazione umana» (n. 7) della Tabella A, parte III, del Decreto IVA).

Per converso se la cessione della fauna selvatica viva non è finalizzata all'alimentazione umana, bensì ad esempio al ripopolamento ambientale, è soggetta all'aliquota IVA ordinaria del 22% (cfr. Risposta 23 settembre 2020, n. 392).

Nel caso di specie, l'Associazione Istante, rappresenta che sui fondi appartenenti alle aziende faunistico-venatorie oppure alle aziende agri-turistico-venatorie sono consentiti sia l'immissione, sia l'abbattimento di fauna selvatica per tutta la durata della stagione venatoria. Accade, quindi, che le suddette aziende acquistino da privati fauna selvatica che può essere destinata o al ripopolamento delle aree per fini di ripristino e conservazione ambientale ovvero la fauna acquistata viene allevata per fini venatori e a seguito di tale attività viene trattenuta dal cacciatore per fini alimentari.

Il cessionario, dunque, non è in grado di sapere ab origine la destinazione della selvaggina acquistata. La destinazione all'alimentazione umana può eventualmente essere determinata solo successivamente ossia quando il cacciatore preleva gli animali da lui abbattuti. Nè può ritenersi ammissibile sotto questo aspetto una dichiarazione da parte del cessionario in cui attesta che sta acquistando la fauna selvatica viva non per fini di ripopolamento bensì per finalità venatorie.

Per l'art. 12, co. 3, L 11 febbraio 1992 n. 157, è infatti considerato esercizio venatorio anche il mero «vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla». Ne consegue che il cacciatore potrà abbattere un numero elevato di animali da destinare alla propria alimentazione oppure nessuno.

Non si concorda quindi con la soluzione prospettata dall'Associazione.

In tal senso depone anche l'art. 18-bis, DL 25 maggio 2021 n. 73, conv. in L 23 luglio 2021 n. 106, che solo temporaneamente e in via del tutto eccezionale ha esteso l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10%, di cui al numero 7) della Tabella A, parte III, del Decreto IVA, alle cessioni di animali vivi destinati all'attività venatoria. Quanto a dire che al di fuori di questa circoscritta ipotesi, la cessione degli animali in questione è soggetta all'aliquota IVA ordinaria.

Si ricorda che ai sensi del sopracitato art. 18-bis, per il solo periodo compreso tra il 25 luglio 2021 e il 31 dicembre 2021, e «..., per fronteggiare gli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, ai fini dell'applicazione dell'aliquota ridotta dell'imposta sul valore aggiunto di cui alla tabella A, parte I, n. 4, e parte III, n. 7, all. al DPR 26 ottobre 1972 n. 633, negli animali vivi destinati all'alimentazione umana sono compresi anche gli animali vivi ceduti per l'attività venatoria.».

Si tratta in sostanza di una deroga temporanea all'ordinario regime IVA applicabile alle cessioni in commento, disposta dal legislatore per motivi eccezionali, cessati i quali (ossia dal 1°gennaio 2022), agli animali ceduti per l'attività venatoria torna ad applicarsi l'aliquota IVA ordinaria del 22%.

di Ilia Sorvillo

Fonte normativa