Reddito di cittadinanza: omessa comunicazione di nuova occupazione
L’ obbligo di comunicazione del nuovo lavoro dipendente, che abbia generato la rimodulazione della somma percepibile a titolo di reddito di cittadinanza, deve essere adempiuto anche quando con la nuova assunzione permanga il pregresso stato di occupazione (Cassazione - sentenza 4 ottobre 2024 n. 36936, sez. III pen.)
Reddito di cittadinanza: omessa comunicazione di nuova occupazione
L’ obbligo di comunicazione del nuovo lavoro dipendente, che abbia generato la rimodulazione della somma percepibile a titolo di reddito di cittadinanza, deve essere adempiuto anche quando con la nuova assunzione permanga il pregresso stato di occupazione (Cassazione - sentenza 4 ottobre 2024 n. 36936, sez. III pen.)
La Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado, con cui una donna era stata condannata in relazione al reato di cui all'art. 7, co. 2, DL n. 4/2019.
Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che in capo ad essa non vi fosse l'obbligo di comunicare all'ente pubblico di riferimento la nuova assunzione intervenuta - non trattandosi di una variazione occupazionale - rispetto alla presentazione della domanda del reddito di cittadinanza, atteso che con la nuova assunzione permaneva il pregresso stato di occupata.
La ricorrente ha, inoltre, sostenuto di non aver avuto consapevolezza della pretesa illiceità del comportamento ascrittole e che, in ogni caso, il fatto contestato non sarebbe più previsto dalla legge come reato.
La Suprema Corte ha ritenuto infondate le doglianze della donna, evidenziando preliminarmente che, alla luce dell'art. 3, co. 8, DL n. 4/2019, risulta l’obbligo di comunicazione del nuovo lavoro dipendente, che abbia generato la rimodulazione della somma percepibile a titolo di reddito di cittadinanza.
Né può essere condivisa la tesi della ricorrente, secondo cui la comunicazione non sarebbe stata necessaria a fronte della persistenza comunque di uno stato di occupata della stessa, atteso che la fattispecie contestata, in uno con il dovere di comunicazione in parola, tiene conto di una variazione della "condizione occupazionale" sub specie, in particolare, dei redditi percepiti; cosicché la circostanza per cui vi sarebbe stata comunque una situazione di lavoro dipendente non acquista alcun senso rispetto alla ratio della disciplina che, non a caso, fa riferimento ad una variazione della "condizione" occupazionale, ben compatibile con variazioni pur inserite in un complessivo quanto persistente e preesistente livello occupazionale.
Nel caso in esame, inoltre, risultava che la donna, presentando domanda per ottenere il beneficio, non avesse rappresentato in alcun modo di essere già titolare di un rapporto di lavoro per il periodo da prendersi, per legge, in considerazione, seppure poi cessato e sostituito, alfine, con quello che aveva dato luogo alla rimodulazione di quanto percepibile. Pertanto, in concreto, la rappresentazione dei fatti data con la domanda di reddito di cittadinanza non descriveva un persistente e originale livello occupazionale.
Infine, il Collegio non ha mancato di ricordare che l’abrogazione, a far data dall'01/01/2024, del delitto di cui all'art. 7, DL 28 gennaio 2019, n. 4, conv., con modif., dalla L 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, co. 318, L 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l'applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della "lex mitior", ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all'indebita erogazione del reddito di cittadinanza fino a quando sia possibile continuare a fruire di detto beneficio.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa