lunedì, 14 ottobre 2024 | 11:02

Permessi 104: l’assistenza al disabile può essere prestata in orari non coincidenti con il turno di lavoro

Non integra abuso la prestazione di assistenza al familiare disabile in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, trattandosi di permessi giornalieri su base mensile, e non su base oraria (Cassazione - ordinanza 11 ottobre 2024 n. 26514, sez. lav.)

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Permessi 104: l’assistenza al disabile può essere prestata in orari non coincidenti con il turno di lavoro

Non integra abuso la prestazione di assistenza al familiare disabile in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, trattandosi di permessi giornalieri su base mensile, e non su base oraria (Cassazione - ordinanza 11 ottobre 2024 n. 26514, sez. lav.)

Il caso

La Corte d’Appello di Palermo, ribaltando la sentenza di primo grado, dichiarava legittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore dalla società datrice di lavoro, la quale, all'esito di controllo a campione sulla fruizione da parte di dipendenti dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, legge n. 104/1992 mediante relazione investigativa, addebitava al dipendente che in 3 giornate i permessi retribuiti, richiesti per l'assistenza alla madre invalida, non erano stati correttamente fruiti, in riferimento al turno 8 -14,30.
La Corte, in particolare, riteneva integrante abuso del diritto la mancata assistenza espletata in tale orario, e rigettava l'assunto difensivo del lavoratore, secondo cui la riconducibilità dell'assistenza verso il disabile non deve necessariamente esplicarsi nella fascia oraria del turno, ma deve essere estesa all'intera giornata di permesso; riteneva, inoltre, indimostrata l'effettiva assistenza alla persona disabile, con riferimento a 2 delle giornate oggetto di contestazione, e che la prova dell'effettiva assistenza limitata a una delle 3 giornate oggetto di contestazione non escludesse la legittimità del licenziamento per violazione dei principi di correttezza e buona fede.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze del lavoratore, evidenziando preliminarmente che il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si avvalga dello stesso non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi di abuso del diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro, come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell'affidamento riposto nel dipendente, ed integra, nei confronti dell'ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell'indennità e uno sviamento dell'intervento assistenziale; né il permesso ex art. 33 della legge n. 104/1992 riconosciuto ai lavoratore in ragione dell'assistenza al disabile, rispetto alla quale l'assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta, può essere utilizzato in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza; ne consegue che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.
Tanto premesso, il Collegio ha peraltro precisato che l'assistenza non può essere intesa riduttivamente come mera assistenza personale al soggetto disabile presso la sua abitazione, ma deve necessariamente comprendere lo svolgimento di tutte le attività che il soggetto non sia in condizioni di compiere autonomamente; l'abuso quindi va a configurarsi solo quando il lavoratore utilizzi i permessi per fini diversi dall'assistenza, da intendere in senso ampio, in favore del familiare.
Ebbene, ad avviso dei giudici di legittimità, nel caso di specie, la Corte di merito non si era attenuta a tali principi, in quanto la decisione si era incentrata sulla verifica della mancata assistenza durante i turni di lavoro, sulla base delle evidenze derivanti dalla relazione investigativa, senza tenere conto, da un lato, del fatto che tali turni non erano conosciuti dal lavoratore al momento della richiesta dei permessi, in funzione delle necessità di assistenza al disabile, e, dall'altro, che la prova si era focalizzata sull'orario mattutino, senza considerare che l'assistenza può essere fornita nell'arco della giornata, non spettando al datore di lavoro controllare le modalità di esercizio della stessa, ma solo, sussistendone i presupposti, reagire a eventuali abusi in quanto incidenti sull'organizzazione lavorativa e sul dovere di buona fede e correttezza.
La Cassazione, infine, non ha mancato di precisare che i permessi ex art. 33, co. 3, L n. 104/1992 sono delineati quali permessi giornalieri su base mensile, e non su base oraria o cronometrica, e che possono essere fruiti a condizione che la persona gravemente disabile non sia ricoverata a tempo pieno, pertanto l'assistenza del familiare può realizzarsi in forme non specificate e non integra abuso la prestazione di assistenza al familiare disabile in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro.

di Chiara Ranaudo

Fonte normativa