Licenziamento e accesso al fascicolo disciplinare
Non sussiste l'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti disciplinari, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, ma resta salva la possibilità per il lavoratore di ottenere l’esibizione della documentazione stessa nel corso del giudizio di impugnazione del licenziamento (Cassazione - ordinanza 21 novembre 2024 n. 30079, sez. lav.)
Licenziamento e accesso al fascicolo disciplinare
Non sussiste l'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti disciplinari, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, ma resta salva la possibilità per il lavoratore di ottenere l’esibizione della documentazione stessa nel corso del giudizio di impugnazione del licenziamento (Cassazione - ordinanza 21 novembre 2024 n. 30079, sez. lav.)
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La Corte di Appello di Napoli confermava la legittimità del licenziamento disciplinare intimato da una società datrice di lavoro ad un proprio dipendente, operaio addetto all'utenza sul territorio, per plurimi addebiti, accertati in seguito ad indagine investigativa, anche mediante controlli tecnologici. Tali addebiti consistevano nella falsa attestazione dell'orario di interventi programmati, nell'essersi dedicato ad attività diverse durante l'orario di lavoro, percependo indebitamente la relativa retribuzione, nell'utilizzo abituale e costante dell'automezzo aziendale per scopi del tutto personali.
La Corte territoriale, innanzitutto, riteneva legittime le indagini investigative eseguite quali "controlli difensivi" volti ad accertare il compimento di atti illeciti del lavoratore, non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione;
respingeva, poi, il motivo di gravame con cui il dipendente aveva contestato il mancato accesso al fascicolo disciplinare, giudicando non meritevole di tutela generalizzata il diritto di accesso ai documenti posti a fondamento delle contestazioni disciplinari ed evidenziando che, nella specie, il lavoratore non aveva richiesto la consultazione di un determinato specifico documento.
Tanto premesso, la Corte concludeva che la gravità del comportamento tenuto, anche ove valutato in relazione ad uno solo dei plurimi episodi contestati, integrasse una giusta causa di risoluzione del rapporto, facendo venire meno la fiducia circa la correttezza dei futuri adempimenti, anche considerando le modalità (partenza da casa) di espletamento della prestazione lavorativa.
Per la cassazione di tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, rilevando, in primo luogo, che, fermo restando che il controllo di terzi, sia quello di guardie particolari giurate così come di addetti di un'agenzia investigativa, non può riguardare, in nessun caso, nè l'adempimento, nè l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l'inadempimento stesso riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, tuttavia il controllo delle agenzie investigative può avere ad oggetto il compimento di atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale.
Sul punto il Collegio ha ribadito che, per non avere ad oggetto una "attività - in senso tecnico- del lavoratore", il controllo "difensivo in senso stretto" deve essere mirato ed attuato ex post, ossia a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto, perchè solo a partire da quel momento il datore può provvedere alla raccolta di informazioni utilizzabili.
Se incombe, dunque, sul datore di lavoro l'onere di allegare e provare le specifiche circostanze che lo hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico ex post, tuttavia, spetta al giudice valutare, mediante l'apprezzamento delle circostanze del caso, se gli elementi addotti dalla parte datoriale a fondamento dell'iniziativa di controllo tecnologico fossero indizi, materiali e riconoscibili, non espressione di un puro convincimento soggettivo, idonei a concretare il fondato sospetto della commissione di comportamenti illeciti.
I giudici di legittimità hanno, inoltre, ritenuto la sentenza impugnata conforme all’orientamento secondo cui l'art. 7, L n. 300 del 1970 non prevede, nell'ambito del procedimento disciplinare, l'obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere, nel corso del giudizio ordinario di impugnazione del licenziamento irrogato all'esito del procedimento suddetto, l'ordine di esibizione della documentazione stessa. Il datore di lavoro è tenuto, tuttavia, ad offrire in consultazione all'incolpato i documenti aziendali solo in quanto e nei limiti in cui l'esame degli stessi sia necessario al fine di una contestazione dell'addebito idonea a permettere alla controparte un'adeguata difesa; ne consegue che, in tale ultima ipotesi, il lavoratore che lamenti la violazione di tale obbligo ha l'onere di specificare i documenti la cui messa a disposizione sarebbe stata necessaria al predetto fine.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa