Regime agevolato fiscale per le SSD: l'iscrizione al CONI non è sufficiente
Ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, il possesso del requisito formale dell'affiliazione al CONI non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge (Cassazione - ordinanza 03 gennaio 2025 n. 62, sez. trib.)
Regime agevolato fiscale per le SSD: l'iscrizione al CONI non è sufficiente
Ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, il possesso del requisito formale dell'affiliazione al CONI non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge (Cassazione - ordinanza 03 gennaio 2025 n. 62, sez. trib.)
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Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, previo p.v.c. della Guardia di Finanza nei confronti della società sportiva dilettantistica, l'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento con il quale contestava, maggiori ricavi (rapportando quelli dei primi due mesi all'intero anno in base ad una percentuale induttiva) ai fini Ires, Irap e Iva, disconoscendo la natura di associazione sportiva dilettantistica per accedere alle agevolazioni tributarie essendo emerso lo svolgimento di un'attività commerciale di gestione di una palestra acquisita con contratto di locazione d'azienda in una sostanziale prosecuzione dell'attività già svolta dalla locatrice, con coincidenza dei soci di quest' ultima con quelli della società contribuente.
Il ricorso proposto dalla società sportiva dilettantistica è stato accolto dall'adita CTP. Avverso la sentenza di primo grado, l'Ufficio proponeva appello dinanzi alla CTR, che, con sentenza, lo rigettava.
Avverso la suddetta sentenza l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo deduceva che, la CTR avesse erroneamente ritenuto illegittimo l'avviso in quanto "l'Ufficio aveva acriticamente trasfuso nell'avviso di accertamento gli elementi del p.v.c. senza arricchirli e corredarli di ulteriori elementi di prova" sebbene il richiamo nell'avviso al p.v.c. fosse meramente indicativo dell'adesione dell'Ufficio e lo stesso non fosse tenuto ad "arricchire e corredare" in alcun modo le risultanze delia verifica, tanto più che l'onere della prova della sussistenza delle condizioni per fruire dell'agevolazione fiscale gravava sulla contribuente. Il primo motivo è inammissibile in quanto non attinente al decisum, atteso che il giudice di appello, lungi dal ritenere illegittimo l'avviso impugnato per difetto di motivazione, ha respinto l'appello dell'Agenzia in quanto quest'ultima, limitandosi acriticamente a trasferire nell'avviso di accertamento gli elementi del p.v.c., non aveva "arricchito e corredato gli stessi di ulteriori elementi di prova" circa l'assunta finalità di lucro dell'attività esercitata dalla Società sportiva per cui in conclusione "in assenza di prove certe e granitiche a supporto delle contestazioni", non era dato considerare dimostrata la tesi dell'Ufficio in ordine alla natura di ente commerciale delia contribuente.
Con il secondo motivo denunciava violazione di legge, per avere la CTR ritenuto, in violazione del criterio distributivo dell'onere probatorio, l'Ufficio onerato della prova circa il carattere corrispettivo delle quote, la presenza di estranei in palestra ed altri elementi "granitici" sebbene ricadesse sulla contribuente l'onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti per fruire del regime fiscale agevolato.
Con il terzo motivo denunciava violazione di legge, per avere la CTR affermato apoditticamente che "non poteva rilevare la semplice circostanza che in tempi passati alcuni soci avessero esercitato un'attività commerciale simile"', ciò, senza illustrare alcuna ragione di una simile svalutazione, peraltro con una affermazione non veritiera, avendo non "alcuni" ma "tutti" i componenti della precedente società intrapreso, in veste di ASD, la medesima attività dell'ente lucrativo preesistente dal quale avevano locato l'azienda.
I motivi secondo e terzo - da trattare congiuntamente per connessione - sono fondati per le ragioni di seguito indicate.
In proposito, questa Corte ha affermato che «Ai fini del riconoscimento del regime agevolato, rileva la qualificazione dell'associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l'esigenza di una verifica in concreto sull'attività svolta al fine di evitare che lo schema associativo sia di fatto impiegato quale schermo di un'attività commerciale svolta in forma associata» (cfr. Cass., 26 ottobre 2021, n. 30008). Nella sentenza appena richiamata, questa Corte ha precisato che se è vero che l'applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale e, cioè, all'affiliazione dell'associazione alle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sui valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso del requisito formale non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. In particolare, la Corte ha evidenziato che le esenzioni d'imposta a favore delle associazioni non lucrative - e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche - dipendono non dalla veste giuridica assunta dall'associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall'effettivo esercizio di un'attività senza fine di lucro, sicché l'agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell'affiliazione al CONI, bensì per l'effettivo svolgimento dell'attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente. Con specifico riferimento, poi, al dato formale, questa Corte ha affermato che gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato in materia di IRPEG, in materia di IVA a condizione non solo dell'inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell'art. 5 del DLgs n. 460, ma anche dell'accertamento che va effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione, che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse. Sotto lo specifico profilo dell'onere probatorio, questa Corte ha precisato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale. Dunque, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, a favore dei propri associati, purché siano concretamente rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l'effettività del rapporto associativo, quali ad esempio il diritto di voto in relazione all'approvazione e modificazione dello statuto e dei regolamenti ed alla nomina degli organi direttivi. Invece si deve escludere dai suddetti benefici quella compagine sportiva che, gestore di palestra, esiga dalle persone aventi la veste formale di associati un corrispettivo proporzionale all'attività erogata in loro favore e le escluda da tutte le scelte decisive per la vita dell'associazione, trattandosi di caratteristiche che equiparano in tutto la suddetta compagine ad un imprenditore commerciale.
Nella sentenza impugnata, la CTR non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi in quanto da un Iato, ha addossato in capo all'Ufficio l'onere di dimostrare - ritenendolo non assolto - il carattere corrispettivo delle quote e la presenza di estranei in palestra nonché di fornire prove "certe e granitiche" a supporto delle contestazioni, sebbene ricadesse sulla contribuente, invocante il regime agevolativo, l'onere di provare i presupposti sostanziali per fruire dello stesso e, dall'altro, ha svalutato - con un'affermazione apodittica - la circostanza della riscontrata coincidenza dei soci fondatori della contribuente con quelli della locatrice il complesso aziendale denominato.
Con il quarto motivo denunciava violazione di legge, per avere la CTR affermato che il quantum accertato per tutto l'esercizio dell'anno era stato ottenuto mediante una semplice forfettizzazione matematica dei mesi mancanti il che contribuiva a delineare l'assenza di "prove certe e granitiche", sebbene avendo la società contribuente omesso la tenuta delle scritture contabili obbligatorie ed essendo stato effettuato un accertamento induttivo puro, fosse possibile la ricostruzione dei ricavi sulla base di elementi meramente indiziari (c.d. supersemplici) come il rapporto degli incassi dei mesi dell'anno non ancora trascorsi a quelli del periodo già trascorso.
In conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo, dichiarato inammissibile il primo, assorbito il quarto, con cassazione della sentenza impugnata - in relazione ai motivi accolti- e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
di Ilia Sorvillo
Fonte normativa
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