martedì, 14 gennaio 2025 | 11:13

Lavoratori disabili e diritto allo smart working

L’ espletamento della prestazione lavorativa in modalità smart working, ove possibile, deve essere consentito dal datore di lavoro come accomodamento ragionevole in favore del lavoratore con disabilità (Cassazione - sentenza 10 gennaio 2025 n. 605, sez. lav.)

Newsletter Inquery

Lavoratori disabili e diritto allo smart working

L’ espletamento della prestazione lavorativa in modalità smart working, ove possibile, deve essere consentito dal datore di lavoro come accomodamento ragionevole in favore del lavoratore con disabilità (Cassazione - sentenza 10 gennaio 2025 n. 605, sez. lav.)

Seguici:

Il caso

La Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza di rigetto di primo grado, accoglieva la domanda di un lavoratore, dipendente di una società del settore delle telecomunicazioni, e ordinava alla predetta società di assegnare il dipendente alla sede più vicina alla sua abitazione per svolgere, da remoto o in regime di lavoro agile, le stesse mansioni svolte presso la sede di assegnazione.
In particolare, la Corte di merito, considerati i gravi deficit visivi del lavoratore, invalido civile, riscontrava violazione dell'art. 3, co. 3-bis, d. Igs. n. 216/2003, in relazione alla mancata adozione da parte della società di ragionevoli accomodamenti, prescritti dalla norma in funzione antidiscriminatoria con riguardo ai lavoratori con disabilità.
Ad avviso dei giudici del gravame, tenuto conto che l'espletamento della prestazione lavorativa in modalità di smart working era stato realizzato durante il periodo di emergenza sanitaria correlata alla pandemia, tale modalità poteva essere seguita come accomodamento ragionevole in accoglimento della domanda del lavoratore, come misura proposta e attuabile.
Per la cassazione della predetta sentenza la società ha proposto ricorso, lamentando, da un lato, l'insussistenza di discriminazione nei confronti del lavoratore e, dall’altro, l’impossibilità di adibire il lavoratore allo smart working in assenza di accordo tra le parti.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condividendo le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito che aveva proceduto a verificare l'effettiva praticabilità di ragionevoli accomodamenti, per rendere concretamente compatibile l'ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile; specularmente, non aveva giudicato che il datore di lavoro si trovasse in una situazione di impossibilità di adottare i suddetti accomodamenti organizzativi ragionevoli, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto. In particolare, il ragionevole accomodamento organizzativo, idoneo a contemperare l'interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all'impresa, era stato individuato nella soluzione dello smart working dall'abitazione, già utilizzata nel periodo pandemico.
Il Collegio ha, inoltre chiarito che gli accomodamenti ragionevoli ben possono realizzarsi in sede negoziale, ma, in mancanza di accordo, la soluzione del caso concreto è individuata dal giudice di merito.
In conclusione i giudici di legittimità hanno ribadito che la violazione dell'obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli si traduce nella violazione di doveri imposti per rimuovere gli ostacoli che impediscono ad una persona con disabilità di lavorare in condizioni di parità con gli altri lavoratori, realizzando così una discriminazione diretta.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa