martedì, 21 gennaio 2025 | 10:09

Malattia professionale e periodo di comporto nel CCNL

Le previsioni della contrattazione collettiva possono disporre che, in caso di malattia professionale, al lavoratore sia conservato il posto per un periodo pari a quello per il quale egli percepisca l'indennità per inabilità temporanea prevista dalla legge (Cassazione - ordinanza 09 gennaio 2025 n. 463, sez. lav.)

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Malattia professionale e periodo di comporto nel CCNL

Le previsioni della contrattazione collettiva possono disporre che, in caso di malattia professionale, al lavoratore sia conservato il posto per un periodo pari a quello per il quale egli percepisca l'indennità per inabilità temporanea prevista dalla legge (Cassazione - ordinanza 09 gennaio 2025 n. 463, sez. lav.)

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Il caso

La Corte d'appello di Milano dichiarava illegittimo il licenziamento irrogato ad una lavoratrice dalla società datrice di lavoro per superamento del periodo di comporto.
A fondamento della sentenza la Corte precisava che, in tema di computo del periodo di comporto, le norme del CCNL applicabile nel caso in esame (Metalmeccanica Industrie) stabilivano, relativamente al periodo di conservazione del posto, un trattamento differenziato a seconda della natura della malattia, disponendo che al lavoratore sarebbe stato conservato il posto in caso di malattia professionale per un periodo pari a quello per il quale egli percepiva l'indennità per inabilità temporanea prevista dalla legge. Era quindi lo stesso contratto collettivo a porre in diretta correlazione la conservazione del posto al periodo di erogazione dell'indennità da parte dell'INAIL, che presupponeva il riconoscimento dell'origine lavorativa dell'infermità.
Inoltre, a fronte del riconoscimento esplicito della natura professionale della malattia operato da Inail, la società che ne era onerata, non aveva indicato elementi probatori di segno opposto alla conclusione cui era pervenuto l'Istituto previdenziale.
Avverso tale sentenza la società datrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la Corte territoriale avesse errato nel ritenere sufficiente, al fine dell'assolvimento della prova sulla riconducibilità ad eziologia professionale della malattia del lavoratore, il provvedimento INAIL, omettendo di effettuare un'indagine sulla sussistenza o meno di eventuali profili di colpa in capo alla società. Ad avviso della datrice di lavoro, invero, al fine di escludere le assenze del lavoratore dovute a malattia professionale dal computo del periodo di comporto, non era sufficiente che le assenze avessero un'origine professionale, ma era necessario che in relazione ad esse sussistesse una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che la contrattazione collettiva, nel caso della malattia, ricollegava la regolamentazione del comporto non ai presupposti stabiliti dall'ordinamento per il risarcimento del danno e l'esistenza della responsabilità civile del datore di lavoro bensì alla esistenza dei diversi presupposti (oggettivi e soggettivi) previsti in ambito Inail ai fini dell'erogazione della mera indennità per inabilità temporanea.
Pertanto, ai fini del comporto, era sufficiente che esistesse soltanto l'origine professionale della malattia e che essa fosse correlata alla prestazione lavorativa secondo le regole dell'assicurazione obbligatoria.
Sul punto il Collegio ha, inoltre, ricordato che in ogni caso non occorre che nella genesi della malattia professionale concorra una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. posto che l'erogazione della sola indennità assicurativa ad opera delI'INAIL prescinde dalla colpa del datore ed è dovuta persino nell'ipotesi di colpa esclusiva del lavoratore, salvo il dolo ed il rischio elettivo.
La computabilità delle assenze del lavoratore dovute ad infortunio e malattia professionale all’interno della disciplina del comporto, alla luce della specialità della normativa contrattuale, deve essere quindi operata anche nelle ipotesi in cui la malattia abbia avuto una mera origine, anche in termini di concausa, in fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni o comunque presenti nell'ambiente di lavoro e sia pertanto collegata allo svolgimento dell'attività lavorativa, sulla scorta dei presupposti di operatività della tutela assicurativa pubblica, stabiliti per le malattie professionali.
Nel caso sottoposto ad esame, dunque, risultavano condivisibili le conclusioni della Corte di merito che aveva negato che, ai fini della disciplina contrattuale del comporto, così come stabilito dal CCNL Metalmeccanica Industrie, si potesse richiedere la prova dell'esistenza della responsabilità civile.
La tesi dei giudici di merito risultava del tutto conforme all’orientamento di legittimità secondo cui nessuna norma imperativa vieta l'esistenza di disposizioni collettive che escludano dal computo del cosiddetto periodo di comporto le assenze dovute a infortuni o malattie professionali, essendo esse ragionevoli e conformi al principio di non porre a carico del lavoratore le conseguenze del pregiudizio da lui subite a causa di attività lavorative espletate.

di Chiara Ranaudo

Fonte normativa