mercoledì, 22 gennaio 2025 | 11:00

Professionisti: fatture inesistenti e crediti IVA fittizi

Forniti chiarimenti in materia di accertamento tributario, soffermandosi sull’uso di fatture per operazioni inesistenti e sulla creazione di crediti IVA fittizi (Cassazione - ordinanza 17 gennaio 2025, n. 1147, sez. trib.)

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Professionisti: fatture inesistenti e crediti IVA fittizi

Forniti chiarimenti in materia di accertamento tributario, soffermandosi sull’uso di fatture per operazioni inesistenti e sulla creazione di crediti IVA fittizi (Cassazione - ordinanza 17 gennaio 2025, n. 1147, sez. trib.)


Il caso: un medico e le fatture per operazioni inesistenti

Il caso ha riguardato un medico generico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), accusato di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti al fine di creare crediti IVA fittizi da compensare. Le indagini dell’Amministrazione finanziaria, basate su movimenti bancari anomali per un totale di 420.000 euro ricevuti da due cooperative, hanno evidenziato l’assenza di contratti preliminari o definitivi per l'acquisto di immobili da parte delle suddette cooperative, rendendo tali operazioni sospette.

Le indagini finanziarie e il contraddittorio

L’Amministrazione finanziaria ha disposto indagini finanziarie ai sensi degli artt. 32, DPR n. 600/1973 e 51, DPR 633/1972, riscontrando movimentazioni bancarie non giustificate. Nonostante l’invito al contraddittorio preventivo, il contribuente non si è presentato né ha fornito adeguate giustificazioni. Tale comportamento ha condotto all’emissione di tre distinti avvisi di accertamento per le annualità 2008-2010.

La decisione della Commissione Tributaria Regionale

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente, annullando le riprese relative ai prelievi bancari, in conformità alla sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, ma confermando la legittimità delle altre riprese. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, successivamente, ha confermato la decisione, ritenendo che il contribuente non avesse fornito la prova analitica necessaria a giustificare i singoli versamenti.

I motivi di ricorso per Cassazione

Il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, articolando sei motivi principali:

- Omessa sottoscrizione dell’avviso di accertamento: contestazione ritenuta inammissibile per carenza di specificità e per mancata proposizione nei gradi di merito.

- Giudicato interno ed esterno: il ricorrente ha lamentato la mancata considerazione di giudicati preesistenti, ma la Corte ha escluso la loro applicabilità in quanto riferiti a annualità diverse.

- Eccezioni nuove in appello: secondo il contribuente, l'Agenzia avrebbe introdotto questioni nuove, ma la Cassazione ha rigettato tale motivo, considerando legittimo il deposito di nuovi documenti in appello.

- Giustificazioni personali: il ricorrente ha addotto motivi personali per la mancata produzione documentale in fase amministrativa, ma la Corte ha ritenuto irrilevante tale circostanza.

- Movimentazioni bancarie: è stata ribadita la presunzione legale relativa ai versamenti sui conti correnti dei professionisti, con onere probatorio a carico del contribuente.

- Spese di lite: l’ultimo motivo è stato dichiarato inammissibile per difetto di tecnica argomentativa.

Il principio di diritto ribadito dalla Corte

La Corte ha confermato la presunzione legale di cui all’art. 32, DPR n.600/1973, secondo cui i versamenti sui conti correnti del professionista sono considerati rilevanti ai fini fiscali salvo prova contraria. La decisione ha inoltre sottolineato che il giudizio di Cassazione non consente una rivalutazione del merito, ma solo un controllo sulla legalità della decisione impugnata.

di Anna Russo

Fonte normativa