IRAP e compensi da amministratore
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1667 del 23 gennaio 2025, torna ad esaminare il delicato tema dell’assoggettamento all’IRAP dei compensi percepiti dagli amministratori di società di capitali, confermando un importante principio in merito all’onere probatorio sul requisito dell’autonoma organizzazione
IRAP e compensi da amministratore
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La vicenda trae origine dalla notifica, nel luglio 2014, di quattro avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva ripreso a tassazione maggiori redditi ai fini IRAP per gli anni 2009-2012, oltre a irrogare sanzioni. Il contribuente, un dottore commercialista partecipante a un’associazione professionale e consigliere di amministrazione di una S.p.A., aveva escluso dall’imponibile IRAP sia i redditi professionali sia i compensi derivanti dall’attività di amministratore.
In aggiunta, veniva emessa una cartella esattoriale derivante dal controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi 2009, a seguito dell’utilizzo in compensazione di acconti IRAP non supportati dalla presentazione della relativa dichiarazione per quell’anno.
La Commissione tributaria provinciale di Imperia aveva accolto parzialmente i ricorsi del contribuente, escludendo l’assoggettabilità a IRAP dei compensi percepiti come amministratore. Tuttavia, aveva respinto il ricorso relativo alla cartella esattoriale. La sentenza veniva confermata in appello dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, che riteneva dimostrata l’assenza del requisito di autonoma organizzazione per l’attività di amministratore.
Secondo i giudici di merito, tale attività era svolta esclusivamente nel contesto organizzativo della società amministrata, come desumibile da elementi quali:
- la dimensione della società,
- la natura delle deleghe,
- il gruppo di appartenenza,
- l’ubicazione della sede.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza d’appello sostenendo che:
- il contribuente non avrebbe assolto l’onere probatorio relativo all’assenza del requisito di autonoma organizzazione;
- vi fosse una contraddizione nell’indicazione della partita IVA utilizzata per l’attività professionale e quella di amministratore.
La Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando integralmente la sentenza d’appello.
Ai fini dell'autonoma organizzazione, i giudici di appello avevano accertato, sulla base di una pluralità di circostanze, che l’attività di amministratore era svolta senza una propria autonoma organizzazione, appoggiandosi esclusivamente alla struttura della società amministrata.
In relazione all'onere probatorio, è il contribuente che deve dimostrare l’assenza di autonoma organizzazione; in questo caso, tale onere è stato assolto con elementi fattuali ritenuti sufficienti e coerenti con l’orientamento della giurisprudenza.
Infine, la questione relativa all’utilizzo della stessa partita IVA per attività diverse non riveste valore decisivo, essendo solo un elemento secondario rispetto alla valutazione complessiva sull’autonoma organizzazione.
Questa pronuncia ribadisce che, in relazione ai compensi percepiti come amministratore di società, l’assoggettamento a IRAP richiede il requisito dell’autonoma organizzazione. Tale requisito si presume assente se l’attività si svolge esclusivamente nel contesto organizzativo della società amministrata.
Peraltro, la sentenza evidenzia l’importanza di una corretta impostazione dell’onere probatorio: è il contribuente che deve fornire prova dell’assenza di organizzazione autonoma, ma tale prova può essere costituita da un insieme di elementi oggettivi e coerenti.
di Anna Russo
Fonte normativa
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