Sanzione disciplinare per il medico reperibile che non accetta la chiamata in servizio
Il rifiuto del lavoratore di adempiere ad una disposizione di servizio è legittimo soltanto se conforme a buona fede, considerando le circostanze del caso concreto (Cassazione - ordinanza 27 gennaio 2025 n. 1911, sez. lav.)
Sanzione disciplinare per il medico reperibile che non accetta la chiamata in servizio
Il rifiuto del lavoratore di adempiere ad una disposizione di servizio è legittimo soltanto se conforme a buona fede, considerando le circostanze del caso concreto (Cassazione - ordinanza 27 gennaio 2025 n. 1911, sez. lav.)
La Corte d'Appello di Perugia confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da un dirigente medico per la impugnazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per tre giorni, irrogatagli per non essersi recato presso la struttura ospedaliera in cui prestava servizio, pur essendo in turno di pronta disponibilità ed essendo stata richiesta la sua presenza.
La Corte territoriale, in particolare, riteneva irrilevante stabilire se la presenza in reparto del medico fosse o meno necessaria nel quadro della disciplina contrattuale applicabile; invero, una volta esclusa la facoltà del medico reperibile di sindacare la necessità della sua presenza in ospedale, allorquando richiesta, non rilevava valutare le ragioni della richiesta, che potevano essere contestate in sede sindacale o in sede giudiziale ma senza rifiutare la esecuzione della prestazione.
Quanto alla gravità della sanzione, ad avviso dei giudici del gravame la sospensione di tre giorni costituiva la misura minima prevista dal codice disciplinare, modellato sul CCNL integrativo applicato, che prevedeva i comportamenti omissivi o il mancato rispetto dei compiti di vigilanza, operatività e continuità dell'assistenza al paziente, nell'arco delle ventiquattro ore, nell'ambito delle funzioni assegnate e nel rispetto della normativa contrattuale vigente.
Per la cassazione della sentenza il lavoratore ha proposto ricorso, lamentando, tra i motivi, l’insussistenza dell'addebito anche in ragione della mancata allegazione e produzione da parte della azienda ospedaliera del piano emergenziale annuale.
La Suprema corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le conclusioni dei giudici di merito conformi all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il rifiuto del lavoratore di adempiere ad una disposizione di servizio è legittimo soltanto se conforme a buona fede, considerando le circostanze del caso concreto.
Ebbene, nel caso sottoposto ad esame la Corte territoriale correttamente aveva evidenziato che il medico in servizio di pronta disponibilità che venga chiamato a prestare assistenza presso la struttura ospedaliera non può rifiutare la sua presenza e sindacare le ragioni della chiamata, assumendone la non conformità alla disciplina contrattuale; infatti il rifiuto sarebbe contrario a buona fede, comportando una interruzione del servizio di assistenza nell'arco della 24 ore, la cui continuità risponde ad un interesse pubblico prevalente e non procrastinabile.
Sulla base di tali presupposti il Collegio ha ritenuto legittima la sanzione irrogata al lavoratore, precisando che anche le eventuali ragioni di illegittimità della chiamata in servizio avrebbero potuto essere dedotte dal medico soltanto dopo aver reso la prestazione richiesta, al fine di evitare la interruzione del servizio di continuità assistenziale.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa