giovedì, 13 febbraio 2025 | 10:47

CIG Covid: conguaglio e termine decadenziale

La decadenza non opera quand'anche il conguaglio sia effettuato dal datore tempestivamente ma in misura erronea, ad esempio pagando una differenza contributiva inferiore a quella dovuta (Cassazione - sentenza 21 gennaio 2025, n. 1406, sez. lav.)

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CIG Covid: conguaglio e termine decadenziale

La decadenza non opera quand'anche il conguaglio sia effettuato dal datore tempestivamente ma in misura erronea, ad esempio pagando una differenza contributiva inferiore a quella dovuta (Cassazione - sentenza 21 gennaio 2025, n. 1406, sez. lav.)

Il caso

La Corte di appello di Torino confermava la decisione di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di una società al conguaglio per la compensazione tra le somme dovute per contributi previdenziali e quanto anticipato ai propri dipendenti a titolo di indennità FIS.
L'INPS, autorizzata la cassa integrazione COVID e autorizzato contestualmente il conguaglio, aveva tuttavia negato il diritto sul presupposto che i flussi Uniemens inviati dalla società, tra maggio e giugno 2020, non fossero idonei a interrompere il termine decadenziale prescritto dall'art. 7, co. 3, DLgs n. 148/2015, avendo riscontrato delle irregolarità nelle comunicazioni suddette che le rendevano inidonee a impedire la decadenza.
La Corte territoriale, di contro, affermava che, agli effetti del conguaglio delle somme corrisposte dall'azienda a titolo di integrazione salariale ai lavoratori, la società doveva rispettare il termine semestrale a decorrere dalla fine del periodo di paga ed eventuali errori nella trasmissione dei dati non inficiavano la CIGO già ritualmente autorizzata. Riteneva, inoltre, non assolti dall’INPS gli oneri di allegazione e prova in ordine alla dedotta squadratura, pur ribadendo che un'eventuale irregolarità nell'operazione di conguaglio tempestiva non dava luogo alla fattispecie decadenziale.
Avverso tale decisione l'INPS ha proposto ricorso per cassazione. 

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, rilevando preliminarmente che l'istituto del conguaglio non s'inserisce in alcun iter procedimentalizzato che contempli una domanda di conguaglio e una successiva autorizzazione dell'Inps, ma opera come meccanismo automatico di azzeramento di reciproche poste di debito e credito, secondo lo schema della compensazione impropria. 
Trattandosi di compensazione impropria, il saldo contabile tra credito per anticipazioni a titolo di CIG e debito contributivo opera in modo automatico, senza necessità di alcuna richiesta di parte in tal senso né di autorizzazione dell'Inps. In particolare, esso opera per effetto e alla data del pagamento all'Inps della differenza contributiva tra quanto dovuto per obblighi contributivi e quanto anticipato a titolo di integrazioni salariali.
In tale prospettiva la decadenza è impedita quando il conguaglio viene effettuato (con pagamento della differenza contributiva) entro il giorno 16 del mese successivo alla fine dei periodo di paga in corso alla scadenza del semestre decorrente dal termine di durata della concessione della CIG o, se successivo, dalla data del provvedimento di concessione della CIG.
Sul punto il Collegio ha chiarito che la decadenza non opera quand'anche il conguaglio sia effettuato dal datore nel termine sopra indicato ma in misura erronea, ad esempio pagando una differenza contributiva inferiore a quella dovuta e, correlativamente, effettuando una compensazione in misura superiore a quella dovuta. L'erroneità del conguaglio incide, infatti, sul debito contributivo, dando luogo ad un adempimento solo parziale e residuo credito dell'Inps; viceversa, essa non incide sul meccanismo della compensazione impropria, perfezionata per il fatto stesso e al tempo stesso del pagamento, con il saldo delle reciproche poste contabili.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale aveva ritenuto che, nel caso di specie, l'operazione di conguaglio tempestivamente effettuata, ancorché irregolare, non potesse dar luogo alla fattispecie decadenziale di cui all’art. 7, co.3, Dlgs n. 148/2015.
I giudici di legittimità non hanno mancato, inoltre, di evidenziare che, una volta effettuato il conguaglio nel termine di cui sopra, la decadenza non può sussistere per il fatto che, in modo errato o in ritardo, siano state comunicate all'Inps le denunce telematiche mensili (c.d. flussi uniemens). Queste devono pervenire all'ente entro il giorno 30 del mese successivo al periodo di paga cui si riferiscono i contributi e devono contenere tutti i dati che permettano all'Inps di verificare, in base alle retribuzioni dichiarate come anticipate e ai contributi dichiarati come in origine dovuti, la correttezza del conguaglio.
Tali denunce, quali dichiarazioni di scienza che intervengono successivamente al conguaglio, non concorrono al perfezionamento dello stesso, già avutosi al tempo del pagamento contributivo. Si tratta di adempimenti successivi volti a consentire all'Inps il controllo ex post sulla correttezza dell'operazione di conguaglio e, quindi, dell'integralità dell'adempimento dell'obbligazione contributiva residua. La conoscenza da parte dell'Inps dei dati delle denunce mensili è, pertanto, ininfluente ai fini del perfezionamento della compensazione impropria, la quale prescinde dalla volontà delle parti, nonché dalla consapevolezza che l'Inps abbia delle reciproche poste di dare e avere, rilevando ai fini della fattispecie il solo dato oggettivo del saldo contabile tra le medesime. 

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa