venerdì, 21 febbraio 2025 | 11:13

Esercizio abusivo della professione di farmacista

La titolare della parafarmacia regolarmente iscritta all’ordine dei farmacisti non concorre nel reato di esercizio abusivo della professione per la condotta della sorella non abilitata che, in sua assenza, abbia dispensato farmaci da banco nell’esercizio commerciale (Cassazione - sentenza 20 febbraio 2025 n. 7100, sez. VI pen.)

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Esercizio abusivo della professione di farmacista

La titolare della parafarmacia regolarmente iscritta all’ordine dei farmacisti non concorre nel reato di esercizio abusivo della professione per la condotta della sorella non abilitata che, in sua assenza, abbia dispensato farmaci da banco nell’esercizio commerciale (Cassazione - sentenza 20 febbraio 2025 n. 7100, sez. VI pen.)

Il caso

Il Tribunale di Catanzaro riteneva responsabile per il delitto di esercizio abusivo della professione di farmacista la titolare di una parafarmacia in quanto la sorella, non abilitata, in sua assenza e nell’esercizio commerciale intestato alla sola imputata, unica regolarmente iscritta nell'albo dei farmacisti, aveva dispensato due farmaci da banco in violazione dell'art. 5, co. 2, DL n. 223 del 2006.
La responsabilità penale della titolare veniva riconosciuta dal Tribunale sulla base dei dati oggettivi che la parafarmacia fosse aperta e che all'interno vi fosse una persona non abilitata alla somministrazione di farmaci, circostanze tali da denotare inequivocabilmente la manifestazione del consenso della titolare.
Avverso tale sentenza la farmacista ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che il giudicante l’avesse ritenuta responsabile in assenza di qualsiasi prova in relazione sia alla sua partecipazione, materiale o morale, alla commissione dell'illecito commesso dalla sola sorella in sua assenza, sia alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato; la sentenza attribuiva alla titolare della parafarmacia, non tenuta ad essere presente all'interno dell'attività commerciale, una posizione di garanzia non prevista dalla norma penale, rendendola responsabile del fatto altrui.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, evidenziando, da un lato, che nelle parafarmacie, in cui vengono commercializzati beni di varia natura, è necessaria la presenza del farmacista solo quando vengono compravenduti medicinali, in quanto per detta attività sono obbligatorie laurea, abilitazione ed iscrizione all'albo professionale dei farmacisti.
D'altro canto, l'art. 348 cod. pen. è volto ad assicurare la tutela di un interesse pubblico in relazione allo svolgimento di attività che possano dirsi esclusive o comunque qualificanti nell'ambito di una determinata professione.
Ne consegue che, nel caso in esame, sussiste il fatto materiale previsto dalla disposizione penale, in quanto la vendita di medicinali, cioè l'atto riservato in via esclusiva alla categoria professionale dei farmacisti, era avvenuta da parte di una persona priva dei requisiti menzionati e in assenza della titolare, unica legittimata a provvedervi.
Poiché, però, in concreto non risultava né che la farmacista avesse determinato, o comunque deliberatamente consentito, l'esecutrice materiale alla commercializzazione dei farmaci, né che avesse impartito direttive affinché lo facesse, doveva escludersi che la stessa avesse avuto qualsiasi tipo di responsabilità concorsuale, omissiva o commissiva, rispetto all'esercizio abusivo della professione di farmacista commesso dalla sorella, sia sotto il profilo causale che sotto quello della riferibilità psicologica del reato.
Sulla base di tali presupposti il Collegio ha assolto la titolare della parafarmacia dal reato contestatole per non aver commesso il fatto, annullando la sentenza impugnata.

di Chiara Ranaudo

Fonte normativa