martedì, 04 marzo 2025 | 11:40

Video condiviso su chat di gruppo Whatsapp: no al licenziamento

La libertà e segretezza della corrispondenza privata impediscono di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto di una chat privata Whatsapp, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza (Cassazione - sentenza 28 febbraio 2025 n. 5334, sez. lav.)

Newsletter Inquery

Video condiviso su chat di gruppo Whatsapp: no al licenziamento

La libertà e segretezza della corrispondenza privata impediscono di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto di una chat privata Whatsapp, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza (Cassazione - sentenza 28 febbraio 2025 n. 5334, sez. lav.)

Il caso

La Corte d'appello di Venezia respingeva l'impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato ad una lavoratrice alla quale la società datrice di lavoro aveva contestato di aver postato nella chat WhatsApp, alla quale ella partecipava insieme ai suoi colleghi, un video con la ripresa, effettuata nel medesimo negozio, avente ad oggetto una cliente in area vendita, con il palese intento denigratorio di metterne in evidenza le fattezze fisiche. La trasmissione del video alla società era avvenuta ad opera di una persona partecipante alla chat.
La Corte territoriale, escluso il carattere ludico e scherzoso della condotta posta in essere dalla dipendente, valutava la stessa di gravità tale da giustificare il licenziamento in tronco, in quanto avente carattere plurioffensivo e idonea a ledere l'immagine sia della società datrice di lavoro sia della cliente, nonché tale da costituire offesa alla riservatezza della cliente e illecito trattamento dell'immagine della stessa, ripresa senza il suo consenso.
Avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che il carattere chiuso e privato della chat determinasse il divieto di diffusione all’esterno delle comunicazioni ivi scambiate, a tutela della segretezza e della riservatezza della corrispondenza, e che la Core territoriale avesse errato nel ritenere utilizzabile a fini disciplinari il video oggetto della chat privata del gruppo WhatsApp.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, inquadrando la fattispecie oggetto di causa all'interno della cornice costituzionale del diritto alla libertà e segretezza della corrispondenza.
A riguardo il Collegio ha evidenziato che la condotta contestata alla lavoratrice e accertata dalla Corte di merito aveva ad oggetto non la realizzazione del video ma l'avere la lavoratrice "postato" il video sulla chat dei colleghi di lavoro. Era, pertanto, estranea al giudizio ogni considerazione sulle pur innegabili esigenze di tutela della privacy della persona ripresa nel video e sulla mancanza di consenso di questa al trattamento dei dati personali e sensibili.
Era, invero, indubbio che la condotta contestata in via disciplinare alla dipendente fosse attratta nel raggio di protezione dell'art. 15 Cost., atteso che il messaggio era stato inviato a persone determinate, facenti parte della chat ristretta dei dipendenti del negozio, e le caratteristiche tecniche del mezzo di comunicazione adoperato, WhatsApp, riflettevano in modo inequivoco la volontà della mittente di escludere terzi dalla conoscenza dei messaggi e soddisfacevano il requisito di segretezza della corrispondenza. In fatto, la violazione della segretezza della comunicazione, attraverso la rivelazione del contenuto al datore di lavoro, era avvenuta ad opera, non di terzi estranei alla chat, bensì di uno dei partecipanti alla chat medesima, compreso tra i destinatari del messaggio. Nel caso in esame, il contenuto del messaggio, inviato a persone determinate e destinato a rimanere segreto, era divenuto esso stesso ragione del recesso.
In proposito i giudici di legittimità hanno chiarito che la nozione di giusta causa di licenziamento è collegata a comportamenti che si concretano nella violazione degli obblighi facenti capo al lavoratore, individuati come obblighi di conformazione, diligenza e fedeltà, strettamente connessi all'osservanza delle prescrizioni attinenti all’organizzazione aziendale e ai modi di produzione e agli interessi dell'impresa. Anche il rilievo disciplinare di condotte extralavorative dei dipendenti è, comunque, subordinato alla idoneità delle stesse di riflettersi, in senso negativo, sul rapporto fiduciario e sulla prospettiva di regolare esecuzione della prestazione. Non rientra tra le prerogative datoriali un potere sanzionatorio di tipo meramente morale nei confronti dei dipendenti, tale da comprimere o limitare spazi di libertà costituzionalmente protetti, come quello concernente la corrispondenza privata.
Da ciò discende che la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza privata e il diritto alla riservatezza nel rapporto di lavoro, presidi della dignità del lavoratore, impediscono di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto in sé delle comunicazioni private del lavoratore, trasmesse col telefono personale a persone determinate e con modalità significative dell'intento di mantenere segrete le stesse, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa