venerdì, 21 marzo 2025 | 10:37

L'irrilevanza fiscale della valutazione delle criptovalute ai fini IRES

Forniti chiarimenti sulla valutazione delle criptovalute detenute dalle imprese (AdE - risposta 20 marzo 2025, n. 78)

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L'irrilevanza fiscale della valutazione delle criptovalute ai fini IRES

Forniti chiarimenti sulla valutazione delle criptovalute detenute dalle imprese (AdE - risposta 20 marzo 2025, n. 78)


In particolare, l'Agenzia delle entrate conferma che i componenti positivi e negativi derivanti dalla valutazione delle cripto-attività alla chiusura dell’esercizio non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Il contesto normativo e contabile

L'art. 110, co. 3 bis, TUIR, introdotto dall'art. 1, co. 131, L 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), prevede una deroga alle norme generali di valutazione degli asset, stabilendo l’irrilevanza fiscale delle variazioni di valore delle cripto-attività a fine esercizio. Tale disposizione è stata introdotta per evitare che le oscillazioni di valore incidano sulla determinazione del reddito d’impresa, indipendentemente dal metodo contabile adottato.

Secondo l'Agenzia, le criptovalute sono assimilabili, sotto il profilo contabile, a "beni immateriali" ai sensi del principio IAS 38, ma vengono trattate ai fini della rappresentazione contabile come "rimanenze" secondo lo IAS 2. Questo porta alla necessità di adottare criteri di valorizzazione che possano generare disallineamenti tra bilancio civilistico e reddito fiscale.

La posizione dell’istante e le soluzioni interpretative proposte

L’istante, una società bancaria operante nel trading proprietario di criptovalute, ha presentato due possibili interpretazioni della norma fiscale:

- soluzione principale: applicazione di un doppio binario fiscale e civilistico, considerando fiscalmente irrilevanti solo gli effetti valutativi della valorizzazione al fair value delle rimanenze finali;

- soluzione subordinata: esclusione totale degli effetti delle variazioni delle rimanenze, con il riconoscimento fiscale unicamente dei costi e ricavi derivanti dalle operazioni di compravendita delle criptovalute, senza considerare le variazioni di valore tra rimanenze iniziali e finali.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia ha confermato che l’art. 110, co. 3 bis, TUIR, costituisce una deroga totale all’applicazione dell'art. 92, TUIR, il quale disciplina la valutazione delle rimanenze di magazzino. Ne consegue che:

- le variazioni delle rimanenze di criptovalute non rilevano fiscalmente;

- il contribuente dovrà operare variazioni in aumento o in diminuzione nella dichiarazione dei redditi per neutralizzare gli effetti contabili sulla base imponibile;

- restano imponibili solo i ricavi derivanti dalla cessione delle criptovalute e deducibili i relativi costi di acquisto.

Questa impostazione è coerente con i chiarimenti forniti dalla Circolare 30/E del 27 ottobre 2023 al par. 3.5, la quale ha sottolineato che le valutazioni contabili delle criptovalute devono essere neutralizzate in sede fiscale.

Implicazioni operative per le imprese

Le imprese che operano nel trading di criptovalute dovranno:

- distinguere chiaramente tra la contabilizzazione ai fini civilistici e la determinazione della base imponibile fiscale;

- predisporre adeguate variazioni in dichiarazione per escludere gli effetti valutativi;

- considerare che il reddito imponibile sarà determinato solo sulla base dei risultati di realizzo, evitando distorsioni derivanti da oscillazioni di valore a fine esercizio.

di Anna Russo

Fonte normativa

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