giovedì, 27 marzo 2025 | 17:58

Opere su beni di terzi: trattamento IVA

I chiarimenti sul rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile in caso di realizzazione di opere su beni di terzi (AdE - risoluzione 26 marzo 2025 n. 20/E)

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Opere su beni di terzi: trattamento IVA

I chiarimenti sul rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile in caso di realizzazione di opere su beni di terzi (AdE - risoluzione 26 marzo 2025 n. 20/E)

Nel documento di prassi sono contenute le indicazioni per le fattispecie nelle quali l’Iva è stata assolta dall’esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo in relazione ai lavori di ristrutturazione o manutenzione effettuati su beni di proprietà di terzi, che presentano un nesso di strumentalità con l’attività svolta.

Il Decreto IVA (art. 30, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972) prevede che il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a euro 2.582,28, all’atto della presentazione della dichiarazione limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche.

In relazione alla suddetta disposizione, l’Agenzia ( risoluzione 27 dicembre 2005 n. 179/E) ha chiarito che non può essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva assolta sulle spese per la realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere inseparabili dai beni cui accedono poiché l’opera eseguita non è di proprietà del soggetto che l’ha realizzata giacché in base ai principi civilistici accede ad un immobile di proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere iscritta nel bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. Tali beni, in quanto non ammortizzabili, non rientrano quindi nella previsione normativa di cui alla lettera c) del comma 3 del citato art. 30.

L’Agenzia delle entrate, pur riconoscendo il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sulle spese di miglioramento, trasformazione e ampliamento su beni di proprietà altrui, utilizzati nell’attività d’impresa o di lavoro autonomo, in merito alla rimborsabilità di detta imposta aveva precisato che:

(i) «le spese incrementative su beni di terzi sono capitalizzabili ed iscrivibili nella voce “altre immobilizzazioni immateriali” qualora le opere realizzate non siano separabili dai beni di terzi cui accedono, ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità. Tali spese sono disciplinate, ai fini della deducibilità fiscale, dal TUIR (art. 108, comma 3, DPR 22 settembre 1986, n. 917), il quale dispone che le altre spese relative a più esercizi sono deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio.» Si è ritenuto, pertanto, che:

(ii) «le spese per il miglioramento, trasformazione od ampliamento di beni di terzi concessi in uso o comodato, qualora si estrinsechino in opere non suscettibili di autonoma utilizzabilità, non siano iscrivibili tra le immobilizzazioni materiali, non potendo le opere realizzate essere rimosse al termine del periodo di utilizzo. Benché le spese in esame siano iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, come precisato con la circolare n. 27/E del 31 maggio 2005, dal punto di vista fiscale non possono essere considerate "beni" (della specie "beni immateriali") cui si renda applicabile la disciplina degli ammortamenti e della deduzione extracontabile di cui rispettivamente agli articoli 103 e 109 del TUIR. Le stesse costituiscono, invero, oneri pluriennali e più precisamente spese relativi a più esercizi di cui al comma 3 dell’articolo 108

Sulla base di tale qualificazione, prima della sentenza delle Sezioni Unite, n. 13162 del 2024, non poteva riconoscersi «il diritto al rimborso dell’IVA assolta sulle spese per la realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere inseparabili dai beni cui accedono. L’opera eseguita, infatti, non è di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, giacché in base ai principi civilistici accede ad un immobile di proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere iscritta nel bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. Tali beni, in quanto non ammortizzabili, non rientrano quindi nella previsione normativa di cui alla lettera c), comma 3, del citato articolo 30

Il delineato orientamento di prassi non è stato sempre confermato dalla Corte di cassazione. In materia di rimborso dell’eccedenza Iva detraibile, infatti, erano presenti due distinti filoni giurisprudenziali:

- secondo un primo orientamento, contrario alla prassi dell’Agenzia delle Entrate, nei casi in cui sussisteva un nesso di strumentalità con l’attività di impresa o di lavoro autonomo, anche se potenziale o in prospettiva, l’esecuzione, da parte del contribuente, di opere di ristrutturazione e di manutenzione su beni detenuti in locazione ovvero in uso o in comodato, indipendentemente dalla loro autonoma funzionalità o asportabilità al termine del periodo contrattualmente stabilito, dava diritto non solo alla detrazione dell’imposta (come poi chiarito dalle SS.UU. nella richiamata pronuncia n. 11533 del 2018), ma anche all’alternativo diritto al rimborso;

- altro orientamento, conforme alla prassi dell’Agenzia, invece, ha affermato la necessità che l’IVA oggetto dell’istanza di rimborso si riferisse all’acquisto di un bene ammortizzabile, non riconoscendo, quindi, il diritto al rimborso nei casi in cui l’Iva non si riferisse a tale acquisto, bensì alla realizzazione di opere su beni immobili di terzi.

Tale contrasto non ha trovato composizione neppure con la sentenza delle Sezioni Unite n. 11533 del 2018, resa unicamente in relazione al riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva. In materia di rimborso, infatti:

- alcune pronunce della Sezione Tributaria hanno ritenuto di poter estendere il principio affermato dalle Sezioni Unite in materia di detrazione anche al diritto al rimborso Iva, in termini di applicazione generalizzata e necessaria del principio di neutralità, con conseguente assenza di differenziazione tra diritto alla detrazione e diritto al rimborso dell’Iva, essendo tali istituti strutturalmente identici e, quindi, suscettibili di identico trattamento;

- secondo un orientamento più restrittivo, invece, la sussistenza delle condizioni di detrazione dell’Iva non implicava, di per sé, l’automatico riconoscimento del diritto al rimborso della stessa poiché il diritto al rimborso costituisce una facoltà di natura eccezionale, riservata al contribuente in alternativa all’esercizio, in via ordinaria, del diritto alla detrazione.

Le Sezioni Unite, recependo l’indirizzo maggioritario della Sezione Tributaria, hanno ribadito «l’equivalenza dei presupposti della detrazione e del rimborso dell’IVA.»

I giudici di legittimità hanno parificato sul piano sostanziale “detrazione” e “rimborso” e hanno chiarito che, all’espressione «acquisto di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (articolo 30, comma 3 , lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972), «va attribuito il significato - lato - di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1, DPR n. 633/1972)» e che «l’applicazione della disposizione legislativa de qua va necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo mediolungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali)», ovvero con «riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica- di “beni di investimento.”»

Più specificamente, le Sezioni Unite hanno rimarcato che «il concetto di "bene ammortizzabile" non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102, 103, dPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili. Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione - ampia e sostanzialmente economica - di “beni di investimento” che è quella utilizzata nella direttiva "rifusa" (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi.»

Così definiti i beni ammortizzabili nel perimetro dell’articolo 30, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972 e in relazione al diritto al rimborso dell’IVA assolta dal soggetto passivo per “l’esecuzione di opere” su beni di terzi di cui abbia la detenzione, appare chiaro che l’applicazione della suddetta disposizione legislativa nazionale «deve necessariamente essere estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali "investimenti" (beni strumentali).»

In considerazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 13162 del 2024 e della successiva pronuncia della Sezione tributaria, n. 32345 del 2024, le indicazioni, sopra indicate, fornite dalla risoluzione n. 179/E/ del 2005 sono da ritenersi non più attuali, con la conseguenza che l’esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo ha diritto, al ricorrere di tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa, al rimborso dell’IVA per i lavori di miglioramento, trasformazione o ampliamento dei beni dei quali ha disponibilità in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma restando, in ogni caso, la "strumentalità" dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex articolo 19, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972) per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali "investimenti" che richiedono cioè un impiego di risorse finanziarie non contabilizzabile come costo di un singolo esercizio.


di Daniela Nannola

Fonte Normativa