Accertamento, contraddittorio e onere probatorio: i confini della legittimità dell’azione erariale
Con la sentenza n. 11087 del 28 aprile 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema centrale nell’ambito del contenzioso tributario: la legittimità dell’accertamento induttivo a seguito di invito a comparire e l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale.
Accertamento, contraddittorio e onere probatorio: i confini della legittimità dell’azione erariale
Con la sentenza n. 11087 del 28 aprile 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema centrale nell’ambito del contenzioso tributario: la legittimità dell’accertamento induttivo a seguito di invito a comparire e l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale.
I fatti e il percorso processuale
Il caso riguarda un medico odontoiatra al quale l’Amministrazione finanziaria aveva contestato compensi non dichiarati per l’anno d’imposta 2009, sulla base di elementi desunti da studi di settore e da ulteriori anomalie contabili e reddituali.
L’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente un avviso di accertamento, preceduto da invito a comparire, contestando ricavi non dichiarati per oltre 10.000 euro, con conseguente recupero ai fini IRPEF e IRAP. Il contribuente impugnava l’atto, sostenendo principalmente:
- la violazione del contraddittorio endoprocedimentale;
- l’assenza dei presupposti per un accertamento induttivo;
- il difetto di motivazione dell’atto.
Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale rigettavano il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’Amministrazione. La vicenda giungeva così in Cassazione, con un ricorso articolato in cinque motivi.
La pronuncia della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, chiarendo alcuni profili fondamentali in materia di accertamento tributario:
a) Contraddittorio endoprocedimentale: limiti e applicabilità
La Corte ribadisce un principio ormai consolidato: in caso di accertamento induttivo “a tavolino” su tributi non armonizzati (come IRPEF e IRAP), l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale non è previsto, come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 24823/2015. Nel caso di specie, l’invito a comparire ha rappresentato una forma di interlocuzione, ma non era giuridicamente necessaria un’ulteriore fase contraddittoria, considerato che l’accertamento è stato emesso in base a gravi irregolarità (come l’incongruenza tra beni strumentali dichiarati e modalità di fatturazione anomale).
b) Accertamento induttivo ex art. 39, co. 1, lett. d) DPR 600/73
Il ricorso all’accertamento induttivo è stato ritenuto legittimo sulla base di plurimi elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti:
- incongruenza tra cespiti dichiarati e quelli dell’anno successivo;
- discrepanze nello studio di settore;
- fatturazione difforme rispetto all’art. 21 DPR 633/72.
Tali circostanze hanno giustificato, secondo la Corte, l’adozione dell’accertamento induttivo, gravando sul contribuente l’onere della prova contraria, che nel caso di specie non è stato assolto.
c) Motivazione della sentenza e limiti del giudizio di legittimità
La Corte ha ritenuto infondate le doglianze relative alla motivazione apparente o omessa da parte della C.T.R., osservando come il giudice d’appello abbia recepito e confermato gli argomenti della sentenza di primo grado. Il ricorrente, pertanto, avrebbe dovuto confrontare analiticamente le motivazioni dei due gradi per dedurre un vizio rilevante ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., onere non adempiuto.
d) Studio di settore e codice ATECO: irrilevanza dell’ambiente in cui si opera
Quanto all’uso di uno studio di settore (VK21E) differente da quello previsto per gli odontoiatri, la Corte chiarisce che la scelta del codice ATECO e del relativo studio di settore deve rispecchiare l’effettiva attività esercitata, indipendentemente dall’ambiente (studio polispecialistico) in cui essa è svolta. Il contribuente, operando come odontoiatra, avrebbe dovuto utilizzare lo studio previsto per tale attività, anche se all’interno di una struttura multidisciplinare.
e) Compensazione delle spese: discrezionalità del giudice
Infine, la Cassazione respinge anche la censura relativa al mancato esercizio del potere di compensazione delle spese, ricordando che si tratta di valutazione rimessa al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.
di Anna Russo
Fonte normativa