Reato di indebita compensazione: non è necessario richiedere il mod. F24 ai fini probatori
Il delitto di indebita compensazione pur esigendo, sul piano materiale, l'utilizzo del modello F24, quale strumento tipico di estinzione dell'obbligazione tributaria, con indicazione del credito inesistente o non spettante portato in compensazione, non richiede, ai fini probatori, la produzione in giudizio di tale modello in concreto utilizzato per il pagamento dell'imposta dovuta, potendo la prova essere fornita in qualunque altro modo (Cassazione – sez. pen. – sentenza 15 settembre 2025 n. 30773)
Reato di indebita compensazione: non è necessario richiedere il mod. F24 ai fini probatori
Il delitto di indebita compensazione pur esigendo, sul piano materiale, l'utilizzo del modello F24, quale strumento tipico di estinzione dell'obbligazione tributaria, con indicazione del credito inesistente o non spettante portato in compensazione, non richiede, ai fini probatori, la produzione in giudizio di tale modello in concreto utilizzato per il pagamento dell'imposta dovuta, potendo la prova essere fornita in qualunque altro modo (Cassazione – sez. pen. – sentenza 15 settembre 2025 n. 30773)
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza emessa nel 2022 dal Tribunale di Trani che condannava il legale rappresentante di una Società a Responsabilità Limitata Semplificata alla pena di giustizia in relazione al reato di indebita compensazione a lui ascritto
Il rappresentante ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al ritenuto raggiungimento della prova della fondatezza dell'ipotesi accusatoria, al criterio di riparto degli oneri probatori utilizzati e alla ritenuta attendibilità delle valutazioni espresse dal teste senza l'acquisizione degli elementi fattuali presupposti dalla teste medesima.
Si censura, in particolare, il percorso argomentativo della Corte territoriale, la quale, pur avendo esplicitamente ritenuto indispensabile il contenuto del Libro Unico dei Lavoratori, prodotto in sede di verifica tributaria dal consulente del rappresentante aveva poi sostenuto che l'onere di depositare in giudizio tale documento gravava sulla difesa. Si evidenzia che la deposizione della teste era risultata generica quanto alla quantificazione degli importi e al calcolo effettivamente spettante sulla base del c.d. "bonus Renzi", ciò che avrebbe reso necessaria l'acquisizione dei documenti prodotti nell'interesse del rappresentante in sede di accertamento fiscale: documentazione non surrogabile con il contenuto dell'atto di recupero prodotto dal P.M., risultando le contrarie valutazioni della Corte territoriale non in linea con i principi in tema di riparto dell'onere probatorio elaborati dalla giurisprudenza di legittimità anche con riferimento ai reati tributari.
Al riguardo, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, il difensore replica alle argomentazioni del P.G., ribadendo le censure proposte in ricorso ed insistendo per il suo accoglimento.
Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile per i seguenti motivi:
- la difesa ricorrente non ha inteso minimamente contrastare il merito delle conclusioni concordemente raggiunte dai giudici di primo e di secondo grado in ordine alle indebite compensazioni ascritte al soggetto in qualità di legale rappresentante della SRLS, conclusioni che hanno convalidato l'ipotesi accusatoria sulla scorta degli esiti dell'attività di verifica fiscale riferiti dall'operante, nonché del contenuto del Libro Unico del lavoro prodotto, nel corso delle operazioni di verifica, dal consulente del rappresentante (nella sentenza impugnata, si chiarisce, tra l'altro, che in sede di controllo gli operanti non avevano avuto la necessità di acquisire in cartaceo i modelli F24, avendone disponibilità nella banca dati);
- la difesa ha invece lamentato la mancata acquisizione dei predetti modelli e del Libro Unico che, come già accennato, era stato spontaneamente prodotto nell'interesse del rappresentante, durante le operazioni di verifica, ed era stato considerato nella liquidazione dell'imposta dovuta e nel calcolo delle sanzioni, distinguendo tra certi inesistenti e crediti non spettanti.
La Cassazione, inoltre, afferma che la Corte d'Appello ha richiamato nella caso in esame, del tutto condivisibilmente, l'indirizzo interpretativo secondo cui «il delitto di indebita compensazione, di cui all'art. 10- quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, pur esigendo, sul piano materiale, l'utilizzo del modello F24, quale strumento tipico di estinzione dell'obbligazione tributaria, con indicazione del credito inesistente o non spettante portato in compensazione, non richiede, ai fini probatori, la produzione in giudizio dell'anzidetto in concreto utilizzato per il pagamento dell'imposta dovuta, potendo la prova essere fornita in qualunque altro modo»
La condotta tipica, che esige, sul piano sostanziale, l'utilizzo di strumenti tipici per l'estinzione dell'obbligazione tributaria, non può essere confusa con la necessaria produzione in giudizio di tali strumenti. In buona sostanza, altro è il fatto descritto dalla fattispecie (che richiede, mediante il richiamo all'art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, la compilazione del mod. F24), altra la prova richiesta per accertarlo: i due piani (elemento costitutivo del reato e prova tipica della sua esistenza) non necessariamente si sovrappongono in un sistema penale ispirato al principio generale di libertà della prova e del libero convincimento del giudice sia per i fatti- reato che per gli atti del processo»).
La difesa ricorrente non solo ha evitato di confrontarsi con tali insegnamenti, ma neppure ha minimamente confutato le conclusioni raggiunte, all'esito dell'istruttoria dibattimentale già ricordata, anche tenendo conto del Libro Unico presentato in sede di indagini dal consulente del rappresentante. In altri termini, non si è inteso sostenere, con la indispensabile specificità, l'esistenza di errori nei calcoli effettuati in sede di verifica, ovvero il travisamento del Libro Unico, ovvero ancora la negligenza o l'infedeltà del consulente che aveva partecipato al procedimento di verifica fiscale: ci si duole, esclusivamente, della mancata acquisizione dei documenti posti a base di quelle conclusioni.
Tale ordine di censure deve peraltro ritenersi manifestamente infondato, per le ragioni già esposte con chiarezza nella sentenza impugnata, in cui si evidenzia che "a fronte della prova fornita in ordine alla sussistenza delle condotte ascritte, incombeva sulla difesa l'onere di fornire la prova contraria, se del caso producendo la stessa documentazione esibita - al fine di contestare l'errata valutazione condotta in sede di controllo, pur nell'inerzia manifestata dopo l'accertamento - ovvero quell'altra che avrebbe potuto scagionare l'imputato" .
di Daniela Nannola
Fonte Normativa
Cassazione – sez. pen. – sentenza 15 settembre 2025 n. 30773


